Lavoro come psicoterapeuta ad indirizzo analitico junghiano, approccio che non è stato solo una scelta a scopi professionali, ma è stata una scelta di stile di vita. La visione che questa psicologia permette, è lo strumento principale di lavoro e di approccio alla vita e a ciò che accade. La sfida e forse lo scopo di questo modus vivendi è quello di interagire con il diverso, anche con quello mai immaginato fino ad ora come utile per la propria crescita.
La richiesta che spesso mi viene posta nel quotidiano è quella di consigli (che non è previsto dall’etica professionale) o di parole magiche che possano lenire sintomi e dolore, che celano psesso il timore, legittimo (e poi vedremo perchè) che io possa “psicanalizzare” nel corso del colloquio
La richiesta di cui sopra giunge per un sentimento umano che da valore alla crescita, al superamento di se stessi e all’aspirazione ad un ideale. In quest’ottica la richiesta appare allora legittima, in quanto la piscoterapia del profondo è la strada per giungere al centro di se stessi, ove molto può essere visto, anche se non contemporaneamente, ma da cui comunque è possibile accedere alle parti di sé prima vissute senza coscienza, come se fossimo da esse possedute. Conoscerle significa vedere, vivere e sentire le risorse per gestire gli eventi della vita esteriore e i turbamenti dell’anima.
Tuttavia dalla psicologia junghiana stessa, oltre che dalla vita, apprendiamo che ogni esperienza, vissuto, sentimento, pensiero ha il suo opposto, e che il problema del male non si può evitare in questa strada. Anche questa stessa strada ha un suo opposto e anche essa, sebbene voglia ergersi al di sopra del bene e del male, getta un’immancabile ombra.
Da queste riflessioni emerge, nel percorso terapeutico, la necessità di considerare che anche l’individuazione junghiana è un mito. E allora, si può percorre la strada sapendo che il cammino non è mai finito. .Nulla di ciò che accade non ha un seguito. E nulla non ha il suo diverso. Ecco forse la difficoltà sta nell’accettare questo. Come se dovesse sempre esserci qualcosa di meglio, e scoprire che non è cosi, porta il conflitto inconscio ad una tragedia conscia.
Quando si scopre di non poter far altro che fare piccoli passi, diventa possibile percorrere la strada con impegno e serietà, mantenendo una visione ironica, e un energia giocosa.
La consapevolezza è importante, ma la differenza di consapevolezza tra gli esseri umani e tra un proprio prima e un proprio dopo è minuscola. Importantissima ma minuscola.
Tra la ricerca di una formula magica e il pregiudizio che la psicologia non serva a nulla, esiste qualcosa che rende entrambi gli enunciati veri ma limitati: il cambiamento è possibile, ma sarà visibile solo all’interno di aspettative umane. Nessun miracolo è prevedibile. Non impossibile ma questo come diceva Jung, dipende dal Deo concedente.
La psicoterapia non può seguire le leggi del metodo scientifico galileiano di prevedibilità e replicabilità, poichè i fattori in gioco sono troppo complessi per essere estrapolati dal tutto che costituisce la relazione terapeutica. Eppure ci sono certi cambiamenti prevedibili che rendono poi a loro volta più probabili successivi passi, come ad esempio l’iniziare a prestare attenzione ai propri sogni, aumenta l’accessibilità del sognatore ai propri sogni notturni e al proprio inconscio e “sentirsi vivi non è solo un fatto fisico, è un fatto psichico. Siamo vivi quando ci sentiamo vivi. Ciò che ci fa sentire vivi è il contatto con la psiche inconscia, per questa ragione i sogni sono così importanti” (M.L.Von Franz, Il mondo dei sogni).
Comprendere prima e accettare poi sia la libertà ma anche la limitatezza del proprio cammino, ci pone in una dimensione in cui la coscienza è umanizzata. E l’essere umano è quello che può compiere sia il bene che il male. Il male esiste e non è solo assenza di bene. E una dimensione esistente al pari del bene. E non è la sola volontà che decide quale strada intraprendere, ed essere schiavi di un giudizio che condanna il male non cancella il male.
Vediamo questo punto con le parole di Jung:
“ (…)noi non abbiamo immaginazione del male, ma il male ci ha in suo potere. Alcuni si rifiutano di saperlo e altri invece si identificano con lui. Questa è la situazione psicologica del mondo odierno: gli uni si chiamano cristiani e immaginano di calpestare il cosiddetto male soltanto volendolo; gli altri ne sono divenuti preda e non vedono più il bene. Il male oggi è divenuto una visibile grande potenza: metà dell’umanità si sostiene sulla base di una dottrina costruita dal raziocinio umano; l’altra metà deperisce per la mancanza di un mito commisurato alla situazione”
C.G.Jung, Ricordi Sogni e Riflessioni
Sulla stessa linea di quanto affermato precedentemente in questo articolo, la psicoterapia del profondo non mira ad un idealità, come a prima vista, il linguaggio simbolico porterebbe a pensare, e quindi non mira alla guarigione, alla perfezione, al bene assoluto, ma la direzione, ribadisco è quella verso il centro, verso la totalità complessa della psiche, da dove è possibile osservare meglio ciò che è nostro. La meta, che mai è raggiunta, per la natura dinamica della psiche, è quella di una coscienza il più ampia possibile e di una coscienza che rimane aperta proprio perchè vede che c’è qualcosa anche oltre a ciò che può vedere.
“O uomo, se sai quello che fai sei benedetto; ma se non lo sai sei maledetto e sei un trasgressore della legge” Vangelo aprocrifo (Codex Bazae ad Lucam)
“Faccio proprio quel male che non vorrei” S. Paolo
In questo fiume del percorso di vita e del percorso analitico, un primo importante obiettivo dell’analisi psicologica può essere quello di iniziare a camminare sapendo che c’è sopratutto all’inizio, una forte e violenta forza di gravità che invita suadente alla regressione e quello, allo stesso tempo, di accettare che c’è tanto da fare, talmente tanto che i piccoli passi sono importantissimi. Ma sono importanti proprio perchè sono piccoli. Vedere il piccolo passo come importantissimo e tuttavia vedere che è solo un piccolissimo passo, ma bellissimo, comporta allo stesso tempo una liberazione da pesi assai opprimenti e un ridimensionamento dell’ego. Poiche, come dice Jung:
“Questo nucleo è costituito all’inconscio e dai suoi contenuti, sul quale non possiamo pronunciare alcun giudizio definitivo. Ne abbiamo necessariamente idee inadeguate, poiché siamo nell’impossibilità di comprenderne l’essenza con un atto conoscitivo, e di stabilirne i limiti razionali”
e ancora:
“La scienza si serve del termine “inconscio” e con questo ammette di non saperne niente, poiché non può conoscere nulla della sostanza dell’anima, in quanto l’anima è appunto l’unico suo mezzo di conoscenza”
(C,G.Jung, Ricordi, Sogni e Riflessioni)
E non c’è infatti una direzione giusta. L’esigenza di qualcosa di assolutamente giusto, emerge in una dimensione di ricerca di sicurezza. La sicurezza è un bisogno primario, biologico, ma su un piano psichico rappresenta la regressione. Mentre il cammino nell’oscurità, il rischio rappresenta un’evoluzione psicologica, e come dice E. Harding “Evidentemente è una legge di vita che ogni essere vivente non debba ristagnarsi ma evolversi.”
La psicoterapia del profondo si svolge nella tensione tra conquista biologica (che ci da scicurezza) e conquista psicologica (che viene dal rischiare). In quest’ottica, non ci sarà mai la strada perfetta, come nemmeno una donna, un uomo, un figlio, un genitore, un amico, e cosi via, perfetto. Ci sarà un strada che ci calza e che si imparerà ad amare dopo gioie e sofferenze, dopo dubbi e piaceri. Così come succede nelle relazioni.
Se qualcosa piace già è un buon segno. La ricerca di perfezione non è amore. Quando nasce amore e accettazione per la propria umanità, ci sarà la possibilità di amare anche l’Altro, lo Sconosciuto, il Diverso.
“La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura dell’universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima.” (C.G.Jung)
Accogliere il dolore e la sofferenza di se e degli altri è qualcosa che emerge in sincronia con la possibilità di rinuncia alla perfezione e quando la paura della contaminazione cessa. La psicoterapia del profondo conduce laddove è possibile lasciare emergere il caos a fianco della volontà che con calma e amore mette un po di ordine in quello stesso caos, senza urgenza o frenesia.
Zaira Cestari.