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Il protocollo di ArmoniosaMente con i pazienti oncologici. L’esito di uno studio su otto gruppi di pazienti
Scienze dell’Interazione, 1/2, 2014
Il protocollo di ArmoniosaMente con i pazienti oncologici. L’esito di uno studio su otto gruppi di pazienti
Margherita Galli *, Gioacchino Pagliaro **
Riassunto. Con questo articolo si vuole presentare il protocollo ArmoniosaMente1, progetto attivo ormai dal 2003 e di cui è responsabile il Dott. Gioacchino Pagliaro, Direttore dell’Unità Operativa di Psicologia Ospedaliera del Dipartimento Oncologico dell’Ospedale Bellaria di Bologna. Tale progetto è rivolto a donne affette da tumore alla mammella ed integra tecniche meditative, derivate dalla medicina tibetana con incontri formativi – informativi. Il protocollo ArmoniosaMente si basa, infatti, su due aspetti che si sono rilevati basilari nelle pratiche riguardanti la salute, ovvero: una corretta informazione sanitaria e l’utilizzo di pratiche meditative. Si è pensato di chiamare il protocollo “ArmoniosaMente” poiché il suo obiettivo principale è appunto quello di agire sulla dimensione mentale delle pazienti, offrendogli sia una completa informazione sanitaria sia una pratica meditativa che stimoli il loro potenziale interno di guarigione.
Parole Chiave: Meditazione, Visualizzazione, Oncologia, Protocollo ArmoniosaMente
Summary. With this article we want to present the protocol “ArmoniosaMente”, active project since 2003 in which the responsible is Dr. Gioacchino Pagliaro, Director of the Unit of Psychology Department of Oncological Hospital Bellaria Hospital in Bologna. This project is aimed at women with breast cancer and integrates meditation techniques, derived from Tibetan medicine with training and informative sessions . The protocol “ArmoniosaMente” is based , in fact, on two aspects that are recognized basic practices related to health, namely: proper health information and the use of meditative practices. It was decided to call the protocol “ArmoniosaMente” as its main objective is precisely to act on the mental dimension of the patients, offering both a complete health information and a meditative practice that stimulates their potential internal healing.
Keywords: Meditation, Visualisation, Oncology, “ArmoniosaMente” Protocol
1. La meditazione
Le definizioni di meditazione possono essere molteplici e non sempre coincidenti tra di loro, poiché vi sono connotazioni differenti a seconda della tradizione culturale – filosofica cui si fa riferimento. Il termine sanscrito utilizzato per definirla è “samadhi” e contiene tanto gli aspetti religiosi quanto quelli spirituali, filosofici e terapeutici, il che permette di accostarsi alla meditazione continuando ad aderire liberamente alla propria cultura di appartenenza.
Genericamente con il termine meditazione si intende un addestramento alla presenza mentale che, attraverso l’acquietamento della mente ed un livello più profondo di consapevolezza, agisce sul piano fisico, energetico, mentale e spirituale, favorendo l’equilibrio energetico del microcosmo individuale e al tempo stesso mantenendo l’equilibrio tra quest’ultimo ed il sistema energetico del macro cosmo.
Lo scopo della meditazione è quello di migliorare la qualità della vita, liberandosi da emozioni e fattori mentali negativi, liberandosi dalla sofferenza e liberando la mente dalle impurità, ovvero da tutto ciò che turba o affligge (Pagliaro, 2004).
Sono ormai numerose le ricerche presenti in letteratura che dimostrano gli effetti benefici di questa pratica. A livello fisiologico, infatti, durante la meditazione, diminuisce la frequenza del ritmo respiratorio e del ritmo cardiaco; aumenta il flusso sanguigno nei muscoli del corpo; il cervello emette onde celebrali di tipo alfa e teta (onde tipiche del rilassamento e simili a quelle del sonno profondo) (Hirai, 1975); vi è una riduzione dell’attività metabolica; diminuisce la tensione muscolare; si regolarizza la pressione sanguigna; si rafforza il sistema immunitario e c’è una regolazione a livello della chimica del sangue (Benson, 1976). A livello psicologico, invece, Goleman (1976), importante studioso statunitense, ha indagato gli effetti della meditazione nel trattamento di stress e ansia, scoprendo la sua efficacia anche su molti disturbi di tipo psicologico. Meditare, infatti, diminuisce lo stato di tensione interna; aumenta e favorisce uno stato di tranquillità; aumenta le nostre capacità attentive e di concentrazione; migliora il rapporto con noi stessi; genera apertura e disponibilità nei confronti degli altri; aiuta a sviluppare uno stato mentale sereno.
Nello specifico in ambito oncologico, gli studi pioneristici del dott. Simonton (1980), oncologo e radioterapista, hanno dimostrato l’efficacia della meditazione addirittura su pazienti in stadio avanzato di malattia, portando alla conclusione che le emozioni, le convinzioni e gli atteggiamenti mentali possono influenzare pesantemente la salute e la qualità di vita delle persone. Simonton applicò un metodo di supporto oncologico, associato a tecniche meditative, su 159 pazienti giudicati incurabili dai medici e ciò che risultò fu che il metodo da lui utilizzato aveva aumentato da 3 a 4 volte la sopravvivenza in ben 63 pazienti, oltre ad aver portato un netto miglioramento nella qualità della loro vita.
2. Le visualizzazioni
Quanto appena detto, a proposito delle ricerche condotte da Simonton e quindi all’importanza delle nostre emozioni, convinzioni e dei nostri atteggiamenti mentali, riveste un’enorme importanza quando si parla di “visualizzazione”.
Visualizzare significa “vedere con gli occhi della mente” alcune immagini che hanno la proprietà di produrre effetti benefici.
Come scriveva Lazarus (1989): “Se desiderate compiere qualcosa nella realtà, innanzitutto visualizzate voi stessi mentre riuscite a compierla”. Se è vero, infatti, che l’interazione con il mondo produce immagini mentali ed emozioni, è vero anche il percorso contrario e cioè che l’induzioni di nuove immagini mentali, connesse ad emozioni particolari, può portare a nuove interazioni con il mondo aprendo opportunità in termini di benessere psico-fisico.
Partendo dal presupposto che ci sono immagini di nostri limiti o di insuccessi incorsi nella nostra vita (i quali alimentano convinzioni che a loro volta inducono l’accadimento di alcuni fatti), l’ipotesi di base – nel lavoro di visualizzazione – è che modificando tali immagini si modifichino conseguentemente anche le convinzioni e i fatti, cioè, i dati della realtà.
Questo è il motivo per cui la visualizzazione è oggi ampiamente utilizzata all’interno delle pratiche meditative ad integrazione della psicoterapia tradizionale in diversi contesti di cura, come per esempio quello del supporto psicologico a pazienti oncologici, offerto dall’U.O.C. di Psicologia Ospedaliera dell’Azienda USL di Bologna, all’interno del protocollo ArmoniosaMente.
3. Il protocollo “ArmoniosaMente”
Il protocollo ArmoniosaMente è ad oggi uno degli interventi più completi nel campo dell’applicazione della meditazione in oncologia. Si tratta di un progetto attivo ormai dal 2003, il cui responsabile è il Dottor Gioacchino Pagliaro, Direttore dell’Unità Operativa di Psicologia Ospedaliera del Dipartimento Oncologico di Bologna, presso l’Ospedale Bellaria.
Tale progetto, rivolto a donne affette da tumore alla mammella con trattamenti ancora in corso, integra tecniche meditative derivate dalla medicina tibetana con incontri formativi – informativi di tipo medico ed interventi di educazione sanitaria.
In ogni gruppo vi possono essere da un minimo di 12 partecipanti ad un massimo di 15 partecipanti ed all’interno del progetto possono essere inserite tutte le pazienti, poiché non ci sono limitazioni o vincoli dati da variabili quali l’età o il livello culturale. ArmoniosaMente è basato su due aspetti in particolare, che si sono rivelati basilari nell’efficacia delle pratiche riguardanti la salute: la corretta informazione sanitaria e l’utilizzo di pratiche meditative.
Infatti, se da un lato è ormai evidente l’importanza che una corretta informazione sanitaria può svolgere nel creare l’adesione del paziente alle cure e nel rafforzare il suo sentimento di fiducia verso quello che sta facendo, dall’altro è ormai ampiamente dimostrato che la meditazione è un ottimo strumento pratico, utilizzabile dalle pazienti stesse per gestire lo stato di stress o ansia di cui spesso sono vittime.
Si è pensato di chiamare il protocollo “ArmoniosaMente” poiché il suo obiettivo principale è appunto quello di agire sulla dimensione mentale delle pazienti, offrendogli sia una completa informazione sanitaria sia una pratica meditativa che stimoli il loro potenziale interno di guarigione.
Il progetto si sviluppa nell’arco di undici incontri, a cadenza settimanale. Il primo incontro, con lo psicologo di riferimento, è di carattere prevalentemente introduttivo e serve per spiegare alle partecipanti quali sono le modalità secondo cui si svilupperà il corso e quindi i due livelli sopra citati.
I sei incontri successivi, come si è detto, riguardano la parte informativa di educazione alla salute e sono tenuti da tutti i medici specialisti che le pazienti incontrano durante il loro percorso di trattamento. Il primo incontro è diretto dal senologo, che sensibilizza le pazienti ad esempio sul tema dello screening mammografico e quindi della prevenzione; nel secondo incontro le pazienti incontrano il chirurgo, che presenta loro le varie possibili tipologie di intervento chirurgico cui potrebbero essere sottoposte; il terzo incontro è diretto dall’oncologo, che mostra loro i differenti tipi di trattamento e spiega in quali casi e perché ne viene scelto uno anziché un altro; nel quarto incontro le pazienti hanno la possibilità di confrontarsi con il radioterapista che spiega l’importanza di questi trattamenti; il quinto incontro è condotto dal dietologo, che ha l’occasione di sottolineare l’importanza di una corretta alimentazione; il sesto ed ultimo incontro è tenuto da un medico specialista dello sport che, coerentemente con l’incontro precedente, rafforza l’importanza di uno stile di vita sano e di una attività motoria costante per prevenire episodi di ricaduta.
Gli obiettivi di questa prima parte quindi sono: offrire una corretta informazione sul tumore della mammella e sui trattamenti conseguenti; sviluppare un atteggiamento mentale fiducioso da parte delle pazienti nei confronti delle terapie, per poter mobilitare le loro risorse interne; consentire ai medici di potenziare la dimensione relazionale della cura, troppo spesso trascurata per problemi organizzativi e di tempo.
Gli ultimi quattro incontri sono tenuti, invece, dallo psicologo di riferimento e riguardano il percorso di meditazione. Partendo da un’auto-presentazione delle partecipanti per inquadrare le loro storie di malattia, le loro convinzioni sulla malattia ed i loro atteggiamenti mentali a riguardo, si procede con l’introduzione al concetto di meditazione. Vengono fornite le istruzioni basilari per poter poi insegnare loro un primo esercizio di presenza mentale che dovranno ripetere a casa, il maggior numero di volte possibile e fino all’incontro successivo. In quell’occasione, dopo un primo resoconto da parte delle partecipanti su come è andata la loro settimana, sulle modalità con cui hanno svolto l’esercizio e sulle eventuali difficoltà trovate, si procede con un commento dei resoconti individuali da parte dello psicologo e con l’insegnamento di una nuova parte dell’esercizio, introducendo una specifica visualizzazione. Lo stesso accade nell’incontro successivo e nell’ultimo, nel quale viene insegnata la parte conclusiva della visualizzazione, arrivando così a completare la pratica meditativa. L’ultimo incontro si chiude con un bilancio complessivo dell’esperienza da parte delle pazienti. Terminata anche questa parte di incontri settimanali si procede poi con tre incontri a cadenza mensile per offrire l’opportunità alle pazienti di continuare a trovarsi in gruppo. In questa seconda fase viene fatta anche un’indagine psicodiagnostica, somministrando il POMS (Profile of Mood Stare) durante il primo e l’ultimo incontro. Il significato in Italiano della sigla POMS è “analisi degli stati emotivi” ed infatti il test viene genericamente utilizzato per analizzare aspetti fisiologici e comportamentali ma anche soggettivi ed emotivi (come sensazioni o umori) che possono aver caratterizzato la vita del soggetto nell’ultimo periodo. E’ composto da 58 item, costituiti da locuzioni o aggettivi, che vanno a definire sei fattori in particolare: il fattore “T” (tensione-ansia) che analizza la tensione somatica osservabile dall’esterno ma anche manifestazioni psicomotorie o stati di ansia vaga e diffusa; il fattore “D” (depressione- avvilimento) che si riferisce ad uno stato depressivo accompagnato da un senso di inadeguatezza personale ma anche a sentimenti di integrità personale, di inutilità dei propri sforzi o di isolamento emotivo; il fattore “A” (aggressività-rabbia) che va ad indagare sentimenti di rabbia intensa, aperta e manifesta ma anche sentimenti di ostilità più attenuati e nascosti; il fattore “V” (vigore-attività) che rileva lo stato di vigore, di esuberanza, di energia e di vitalità della persona,; il fattore “S” (stanchezza-indolenza) che si riferisce soprattutto alla sensazione di noia, alla mancanza di forza ed infine il fattore “C” (confusione-sconcerto) che spesso rappresenta il risultato di una auto valutazione in merito alla propria efficienza cognitiva.
3.1. Dati sperimentali
A sostegno di quanto illustrato fino ad ora riportiamo alcuni dati relativi al protocollo ArmoniosaMente applicato, presso l’Unità Operativa di Psicologia Ospedaliera del Dipartimento Oncologico all’Ospedale Bellaria di Bologna.
Sono stati presi in considerazione otto gruppi di pazienti per un totale di 69 donne con neoplasia alla mammella, in trattamento presso l’Ospedale Bellaria e che hanno partecipato ad ArmoniosaMente tra Settembre 2010 e Settembre 2013.
Tutti i gruppi hanno seguito lo stesso protocollo (1 incontro introduttivo con lo psicologo, 6 incontri informativi di educazione alla salute, 4 incontri con lo psicologo sulla meditazione e somministrazione del POMS) però, mentre in 3 gruppi su 8, test e retest sono stati sottoposti rispettivamente nel primo e nell’ultimo incontro di meditazione, nei restanti 5 gruppi test e retest sono stati invece somministrati all’ultimo incontro di meditazione e al primo incontro di richiamo.
Innanzitutto va sottolineato come, già a conclusione della prima parte del protocollo, si sia verificato un aumento della fiducia nelle cure, un aumento della speranza nei confronti della guarigione e come sia diminuita di molto quella sensazione di ansia dovuta alla scarsità di informazioni e alla poca chiarezza su quello che si sta facendo o che si dovrà fare. Con i primi 7 incontri hanno iniziato poi ad essere sperimentati anche i primi legami interni al gruppo, che innescano sempre un forte senso di appartenenza e che interrompono il senso di isolamento percepito fino a poco tempo prima. Dunque, dopo questa prima fase di ArmoniosaMente, i risultati ottenuti nei gruppi presi in considerazione possono essere così classificati: aumento della fiducia nelle cure mediche che le pazienti stanno facendo; aumento del senso di controllo sulla malattia; diminuzione del senso di confusione e smarrimento; rafforzamento della speranza nei confronti della guarigione.
Per quanto riguarda le seconda parte ci sembra possa essere utile riportare nello specifico qualche dato numerico, per poter mettere meglio a fuoco che cosa accade realmente durante il percorso. Come si è detto, nella seconda fase del protocollo viene somministrato per due volte il POMS, poiché questo consente di analizzare che cosa si modifica nelle pazienti per ognuno dei fattori che lo compongono.
Contando che il campione totale è composto da 69 donne, è emerso che: il fattore “tensione-ansia” è migliorato in 27 donne, così come anche il fattore “depressione e avvilimento” ed il fattore “aggressività-rabbia”; il fattore “vigore-attività” è migliorato in 15 pazienti; il fattore “confusione-sconcerto” in 21 ed infine il fattore “stanchezzaindolenza” in 26. In tutti questi casi c’è stata una modificazione significativa in positivo del fattore considerato.
Va notato poi che in 18 pazienti su 69 non sono avvenute delle modifiche per nessuno dei 6 fattori e che nella grande maggioranza dei casi, i fattori che non hanno subito un miglioramento significativo sono rimasti stabili su valori già medio bassi in partenza. Il fattore “vigore-attività” è quello che è migliorato nel minor numero di donne e che, più frequentemente rispetto agli altri fattori, ha subito anche lievi peggioramenti. Questo lo possiamo spiegare con il fatto che le pazienti che partecipano ad ArmoniosaMente di solito sono ancora nel pieno del loro faticoso iter terapeutico.
Su un piano più generale si può comunque affermare che, rispetto alle pratiche di meditazione, le pazienti si sono mostrate molto motivate ma soprattutto curiose di apprendere tecniche che potranno utilizzare loro stesse nella vita quotidiana e che potranno essere utili per il loro benessere. Infatti, accade molto frequentemente che, dopo aver colmato le lacune informative ed aver avuto risposta ai dubbi di ordine medico, le pazienti sentano proprio l’esigenza di trovare un modo per prendersi cura di sé e per ridurre le loro ansie e le tensioni. Ecco perché le pazienti si approcciano a questa seconda fase del protocollo con grande entusiasmo.
In linea di massima, aldilà dei cambiamenti specifici che avvengono nei vari fattori del POMS, è stato riscontrato che, arrivate all’ultimo incontro, le partecipanti ai gruppi condividono ormai una sensazione di calma che si espande in tutte le situazioni di vita quotidiana delle pazienti e che si connette ad un piacevole sollievo dallo stato di malessere iniziale.
Dunque, i risultati riscontrati alla fine della seconda parte di ArmoniosaMente sono stati: un’aumentata capacità di gestione dello stress e della paura da parte delle pazienti; una riduzione dello stato di depressione e di ansia; una migliore sopportazione di tanti effetti collaterali o dei dolori dovuti alle terapie ed un atteggiamento mentale più aperto, positivo e funzionale nei confronti dell’esperienza di malattia.
Riferimenti bibliografici
Benson, H., Wallace, R.K. (1972), Decreased blood pressure in hypertensive subjects who practiced meditation, supplement II to Circulation, 45-46.
Benson H., Klipper, M. (1976),The Relaxion Response, Avon, New York.
Goleman D., Schwartz, G. (1976), Meditation and intervention in stress reactivity, Journal of Consulting and Clinical Psychology, 44, 456-466.
Goleman, D. (1988), La forza della meditazione , tr.it. Rizzoli, Milano, 1997. Goleman, D. (1997), Le emozioni che fanno guarire, tr.it. Mondadori, Milano, 1998.
Goleman, D. (2003), Emozioni distruttive. Liberarsi dai tre veleni della mente: rabbia, desiderio e illusione, tr.it. Mondadori.
Hirai, T. (1975), Meditazione Zen come terapia, tr.it. red, Como, 1995. Lazarus, A. (1989), L’occhio della mente. Astrolabio, Roma.
Pagliaro, G. (1993), Gli aspetti psicologici del malato oncologico, in Attualità e prospettive in oncologia medica, Atti del Convegno G.O.S.P.A.L., Rotalit, Chiavenna.
Pagliaro, G. (2004), Mente, meditazione e benessere. Medicina tibetana e psicologia clinica, Tecniche Nuove, Milano.
Pagliaro, G., Salvini, A. (2007), Mente e Psicoterapia. Modello Interattivo-Cognitivo olistico, UTET, Torino.
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La funzione inferiore personale e l’ombra collettiva
1. La tipologia psicologica e la funzione inferiore
Cominciando a studiare il modo in cui è strutturata la coscienza, Jung si impegnò con il problema che Friedrich Nietzsche e William James avevano già riconosciuto una generazione prima, mettendo in discussione l’identità della coscienza come unità, sostenendo che ci si orienta verso la realtà non attraverso un punto di osservazione fisso, ma attraverso una serie di prospettive. Jung attraverso un lungo e meticoloso lavoro di comparazione è riuscito a descrivere quattro funzioni della coscienza ( utilizzando un linguaggio che riflette il pragmatismo di James) e due atteggiamenti ( qui possiamo sentire l’influenza del prospettivismo di Nietszche).
Parliamo di pensiero (funzione logico razionale), opposta al sentimento ( funzione razionale che assegna giudizi di valore all’oggetto); sensazione (funzione non razionale, percettiva che osserva mediante i sensi corporei) opposta all’intuizione (funzione non razionale, percettiva che osserva mediante i sensi psichici, che osserva le possibilità). Intendiamo come due atteggiamenti quello introverso che vive principalmente attraversando il mondo interiore, e quello estroverso che vive attraverso il mondo esterno.
Nel corso della giovinezza sviluppiamo principalmente una funzione, differenziandola dalle altre che rimangono inconsce e sarà quella che identifichiamo spesso come la nostra coscienza e che chiamiamo funzione superiore e se siamo più o meno brillanti ne differenziamo una seconda che chiamiamo ausiliaria e raramente alcuni individui riescono a costruire un importantissimo ponte che porta da un opposto all’altro, in un processo che nei sogni molto spesso compare attraverso i simboli della rinascita, differenziando la terza funzione. La quarta funzione è quella che rimane inconscia ed è opposta alla funzione principale ed è la porta aperta sul nostro inconscio. La si può avvicinare, solo se sappiamo costruire quel ponte accennato in precedenza, tuttavia essa rimarrà sempre inferiore, più lenta da educare, e un accesso alle immagini dell’inconscio utili per il processo d’individuazione, il processo unico ed irripetibile di divenire ciò che siamo. Gli atteggiamenti introverso od estroverso costituiscono l’orientamento di queste funzioni e si distribuiscono nella personalità secondo la legge della compensazione: se la funzione superiore è introversa, la funzione inferiore sarà estroversa.
Le funzioni che rimangono inconsce, si esprimono appunto in modo inconscio e spesso portano con sé vizi e negatività che chiamiamo male e costituiscono la parte ferita e nascosta della nostra personalità. Nostro compito è differenziarle dall’inconscio e gestirle con coscienza.
2. La somma delle funzioni inferiori e i conflitti sociali
C.G. Jung e M. Louise Von Franz ripetono nei loro scritti e seminari che la piccola porta aperta della funzione inferiore di ogni individuo contribuisce alla somma di male collettivo nel mondo. Lo poterono osservare molto facilmente in Germania quando il demone lentamente travolse la popolazione con il movimento nazista. Ogni tedesco conosciuto a quel tempo da Jung e Von Franz che caddero nel nazismo lo fecero a causa della loro funzione inferiore. Per esempio il tipo sentimento fu convinto degli “stupidi” argomenti della dottrina di partito a causa della lontananza della coscienza dalla sua propria funzione inferiore; o per esempio il tipo intuitivo fu convinto dalla sua dipendenza dal denaro dovuta alla sua sensazione inferiore: non poteva rinunciare al suo lavoro e non vedeva come risolvere il problema dei soldi, così doveva rimanere dove stava nonostante il fatto che non potesse essere d’accordo, e così via. La funzione inferiore fu per ogni persona la porta attraverso la quale una parte di questo male collettivo poté accumularsi. Si potrebbe dire che tutti coloro i quali non avevano lavorato sulla propria funzione inferiore contribuirono a questo disastro generale, in una piccola misura, ma tuttavia, la somma di milioni di funzioni inferiori costituisce un demone enorme. Per questo la propaganda contro gli ebrei fu elaborata in modo molto furbo: per esempio gli Ebrei venivano insultati come intellettuali distruttivi, cosa che convinceva i tipi sentimento, come proiezione del pensiero inferiore. O venivano accusati di essere degli avidi affaristi; cosa che convinceva completamente l’intuitivo, perché rappresentavano la sua funzione inferiore e ora sapevano dove il demone fosse, trovando oggetti apparentemente adeguati alla loro proiezione della funzione inferiore, di aspetti inconsci e di ombra individuale. La propaganda usava i normali sospetti che la gente nutriva nei confronti degli altri a causa della propria funzione inferiore. Così si può dire che dietro ogni individuo la quarta funzione non è soltanto una sorta di piccola deficienza: la somma di queste, se proiettate all’esterno, nella ricerca del capro espiatorio, è responsabile di una tremenda quantità di conflitti; la somma di queste costituisce l’Ombra collettiva.
La colpa psicologica collettiva è una tragica fatalità: ogni individuo porta con sé una funzione inferiore dalla quale può essere agito in piccola o grande misura il male. Di certo la colpa collettiva non va confusa con quella personale. Sul piano personale la questione psicologica dell’auto-conoscenza è un problema dell’ordine della responsabilità individuale. Essa pesa più o meno sulla colpa collettiva, sull’Ombra collettiva proporzionalmente all’integrazione di aspetti d’ombra nella propria personalità.
L’individuo che riconosce la propria funzione inferiore come colpa collettiva, contribuisce in misura minore ad essa. Ognuno è collegato tramite lo strato inconscio del nostro essere umani, agli altri.
3. La responsabilità individuale e la comunità
L’opera di Jung si basa su di un epistemologia della coscienza, secondo la quale la personalità segue linee di sviluppo che attraversano la danza degli opposti universali.
I temperamenti umani sono estremamente diversi tra loro, anzi persino opposti, e la psicologia ci ricorda che in una comunità ciò che giova ad un tipo psicologico può danneggiare il suo opposto.
Ogni circostanza straordinaria fa emergere tanto la bontà, quanto la malvagità dell’uomo. Il grado di sviluppo della personalità, è il veicolo dello spirito comunitario. Il metodo della psicologia del profondo si rivolge alla maturità e responsabilità del singolo. Quegli individui in grado di assumersi la responsabilità di se stessi, saranno anche consapevoli dei loro obblighi verso la comunità.
La comunità non è di per se un fatto positivo, poiché essa è la somma delle singole personalità degli individui e quindi la media dello sviluppo spirituale del singolo.
Quando per esempio il singolo venga incitato ad un altruismo soprannaturale, l’interesse personale ed egoistico ricompare in forme disumane nella collettività, perché gli istinti non si possono scacciare o reprimere totalmente. Uno smisurato sacrificio dei singoli cittadini a favore della collettività non è giustificato, ma appartiene ad una propaganda che nasce da coscienze eccitate e scisse dalla radice naturale ed emotiva del Sé.
4. Il fascino del male e la ricerca del capro espiatorio
Lo scalpore suscitato da ogni delitto e l’appassionato interesse con cui si segue la caccia al colpevole, provano che tutti vengano eccitati dal crimine. Si entra in sintonia e ci si immedesima nel delitto, cercando di capirlo e spiegarlo. Si accende una piccola scintilla di quel fuoco del male che è divampato nel delitto. Già Platone sapeva che la vista del brutto produce un brutto effetto nell’anima. Ci si sdegna contro l’assassino e se ne invoca il castigo, e si è tanto più decisi, accaniti e spietati in questo, quanto è più corposa la scintilla del male che arde nell’animo. Il crimine sveglia il male inconscio in noi. Attratti dall’irresistibile fascino del male, concorriamo a rendere possibile una parte del crimine. La contaminazione con l’Ombra collettiva è inevitabile, qualunque sia il nostro atteggiamento cosciente. Se manifestiamo indignazione morale, il nostro sdegno è tanto più venefico e vendicativo, quanto più gagliardo arde in noi il fuoco del male. Nessuno può sfuggire a questa sorte, perché siamo tutti così profondamente membri stretti della comunità umana, che ogni crimine accende in qualche cantuccio della nostra anima una segreta soddisfazione. Ognuno alberga in sé il proprio criminale statistico, allo stesso modo in cui vive in lui un “folle” o un santo in potenza. In base a questa generale predisposizione umana esiste, riguardo ad ogni aspetto del comportamento, una corrispondente suggestionabilità o suscettibilità al contagio. La vista del male ridesta il male nella propria anima. Non è solo la vittima a soffrire, ma anche il carnefice e tutti coloro che si trovano nell’orbita del misfatto soffrono insieme a lei. Quando qualche elemento dell’oscuro abisso del mondo inconscio collettivo fa irruzione siamo tutti coinvolti.
Da un punto di vista esterno e concreto i più sono innocenti, sono le vittime, derubate, ingannate, oltraggiate, eppure, proprio per questo motivo, nel nostro sdegno morale scoppietta la fiamma del male. Così dev’essere, vale a dire è necessario che qualcuno si indigni e si faccia giustiziere in nome del fato: il misfatto richiede espiazione, tuttavia ci si può indignare senza perpetuare odio proiettando Ombra, nella misura in cui siamo coscienti della presenza della funzione inferiore nella nostra personalità. Quando non siamo coscienti della nostra funzione inferiore, ne abbiamo impressione e ci rende suscettibili e dà adito a tentativi di imporsi in modo eccessivamente compensatorio sugli altri e nel mondo.
Per esempio nella Germania nazista la conquista dell’intelletto o della tecnica costituiva un tentativo di compensazione dell’inferiorità del sentimento. Le teorie razziali pseudoscientifiche con il tempo hanno svelato l’inferiorità del sentimento agito del popolo germanico nel colludere più o meno coscientemente con lo sterminio degli ebrei.
Nietzsche ha descritto in Così parlò Zarathustra la figura del “pallido delinquente” che ricorda i tratti dell’isteria: il soggetto non vuole e non può sopportare la sua colpa, proprio come non può evitare di commetterla. Non rifugge così dall’autoinganno per risparmiarsi la vista di se stesso.
L’inferiorità, ovvero la funzione inferiore, una funzione non differenziata, rozza, primitiva, infantile, esiste realmente in ognuno di noi. Quando se ne ha un vago sentore, senza che la coscienza prenda parte attivamente ad un processo di accettazione, parziale conoscenza e dialogo con essa e sua gestione, può darsi una scissione della personalità, come se la mano destra non sapesse ciò che fa la mano sinistra, nel voler ignorare la propria ombra e nel ricercare negli altri ogni fosca colpevolezza, ogni elemento di inferiorità. In tal caso i soggetti si sentono circondati da individui che si pensa o si sente siano animati solo da spregevoli motivi, da individui di, in qualche modo, classe inferiore, che dovrebbero venir sterminati perché si possa mantenere la propria elevatezza e perfezione. L’ombra individuale che si manifesta tramite la funzione inferiore, si mostra all’opera semplicemente in tali pensieri e sentimenti e come si diceva inizialmente, la somma di agiti d’ombra di questo tipo, costituisce un’ombra collettiva potenzialmente catastrofica, come già abbiamo potuto constatare più volte nel corso della storia.
5. Isteria, propaganda ed esaltazione inflazionata
La totale cecità nei confronti del proprio carattere, la giustificazione autoerotica di sé stessi, la denigrazione o terrorizzazione del prossimo, la falsificazione menzognera della realtà, il cercare di imporsi sugli altri, il bluffare e imbrogliare le carte, sono sintomi di una scissione della personalità, sintomi di nevrosi isterica, diagnosi secondo Jung di colui, ad esempio, che fu immagine di una delle ultime catastrofi. La diagnosi più esatta per Hitler sarebbe stata, per Jung quella di pseudologia phantastica, una forma di isteria caratterizzata dalla particolare capacità di prestare fede alle proprie bugie. Nella pseudologia non si può essere certi che il movente principale sia l’intento truffaldino; spesso è il “grande progetto” a fare da protagonista e soltanto quando si avvicina il problema della realizzazione pratica di tale progetto, solo allora, in base al detto “il fine giustifica i mezzi”, si sfrutta ogni possibilità ed ogni mezzo diventa buono; questo significa che la situazione diventa pericolosa solo a partire dal momento in cui lo pseudologo viene preso sul serio da un pubblico di ampie dimensioni.
Jung stesso non esclude la possibilità che all’inizio Hitler potesse nutrire dei buoni propositi e che solo nel corso degli sviluppi successivi rimanesse vittima dell’uso del mezzo sbagliato o dell’abuso del mezzo di cui poteva disporre. La natura dello pseudologo è rendersi credibile ed è naturale constatare che la maggioranza dei tedeschi e come delle nazioni straniere, subisse il fascino dei discorsi di Hitler, così diabolicamente ben allineati con il gusto dello spirito del tempo dell’epoca. Dopo la seduzione iniziale del grande progetto, quando si acquisì consapevolezza di ciò che stava accadendo, venne a mancare ogni reazione. Ciò si spiega alla luce della disamina precedente considerando uno specifico stato mentale collettivo, una disposizione transitoria che in un individuo prenderebbe il nome di nevrosi isterica. Essa consiste nel fatto che gli opposti insiti in ogni psiche, in particolare quelli che riguardano il carattere, sono tra loro più distanti rispetto ai soggetti non isterici. Questa maggiore distanza produce maggiore tensione energetica, che produce maggiore energia e dinamismo ma anche intime contraddizioni, conflitti morali, disarmonia del carattere. Fenomeno ben descritto nel Faust di Goethe. L’elemento essenziale dell’isteria è una dissociazione sistematica degli opposti che normalmente sono strettamente congiunti tra di loro, un allentamento che a volte giunge a provocare una vera e propria scissione della personalità, ovvero una situazione ove la mano sinistra non sa ciò che fa la destra e dove è presente una stupefacente ignoranza dell’Ombra: si conoscono soltanto i propri buoni motivi e quando i cattivi non possono più essere negati, compare allora il superuomo senza scrupoli che si crede nobilitato già soltanto dalla grandezza della sua meta.
Non conoscere l’altro lato di sé porta ad una grande insicurezza interiore: si sente la presenza della propria ombra e della propria funzione inferiore ma non la si vuol conoscere, anzi la si nega e la si rifugge. Questo atteggiamento porta, per la naturale dinamica polare, all’accrescimento dell’Ombra. Da questo fenomeno nasce la millanteria, la presunzione, l’ignoranza, la sfrontatezza, la mancanza di tatto, il moralismo, la manipolazione.
6. Scienza e divinità
Come la colpa collettiva, così anche la diagnosi delle condizioni mentali coinvolge un popolo intero e oltre a questo tutta l’Europa, il cui stato mentale, constata Jung, non era tanto “normale” già da un po’ di tempo. Jung riuscì in molti viaggi a instaurare un rapporto stretto con popoli non europei, così da poter vedere gli europei con gli occhi di quei popoli.
Da tempi immemorabili la natura è sempre stata animata, ora viviamo in una natura inanimata, priva di dei. La psicologia e la filosofia, così come le religioni non possono negare l’importanza che le potenze dell’anima umana, personificate in spiriti e dei, hanno avuto in passato. Un semplice atto illuministico è bastato ad eliminare gli spiriti della natura, ma non i fattori psichici corrispondenti, come per esempio la suggestionabilità, la mancanza di senso critico, il timore, la propensione alle superstizioni e ai pregiudizi, in breve tutte quelle qualità caratteristiche che rendono possibile la possessione psichica. Se la natura è diventata inanimata, le condizioni psichiche che generano i demoni sono invece rimaste attive come sempre. I demoni non sono scomparsi, hanno solo mutato aspetto. Ora sono diventate potenze psichiche inconsce.
Questo processo di riassorbimento è proceduto di pari passo con una crescente inflazione dell’Io, osservabile chiaramente a partire dal sedicesimo secolo.
Si cominciò perfino a rendersi conto dell’esistenza della psiche, a scoprire l’inconscio. Così facendo si pensava di aver fatto piazza pulita di tutti i fantasmi, ma invece scoprimmo che gli spettri non stavano più nei ripostigli o tra le rovine, ma nelle teste degli europei in apparenza normali. Si imposero idee tiranniche, ossessive, entusiastiche, abbacinanti e gli esseri umani iniziarono a credere alle cose più assurde.
Jung insiste nelle sue opere che se si nega l’esistenza dei complessi, illudendosi di eliminarli con la loro semplice nomina, non è più possibile comprenderne l’effetto, che continua a permanere, e quindi non è possibile assimilarli alla coscienza. Essi diventano così un inspiegabile fattore di disturbo, che si finisce per credere che si trovi da qualche parte fuori di noi. La proiezione dei complessi produce una situazione pericolosa, in quanto si attribuiscono effetti disturbanti a una volontà cattiva al di fuori di noi, che naturalmente non potrà essere trovata da nessun altra parte se non nel vicino, il che conduce a deliri collettivi, motivi di guerra e rivoluzioni sanguinarie, in una parola a distruttive isterie e psicosi di massa.
Le vicende a cui assistiamo oggi e a cui assisteva Jung sono lo sfogo di un’alienazione mentale generalizzata, un’irruzione dell’inconscio sulla scena di quello che sembrava un mondo ordinato.
Ci troviamo di fronte ad una legge psicologica immutabile: una proiezione venuta a cadere, ritorna sempre alla sua origine. Si ha l’idea che Dio o gli dei siano morti, ma l’immagine psichica di Dio, che rappresenta una determinata struttura dinamica e psichica, ritorna nel soggetto e lo rende “simile a Dio”, lo inflaziona, produce cioè tutte quelle qualità che sono caratteristiche di individui folli e che perciò portano alla catastrofe.
La cristianità ha nel corso degli ultimi secoli perso quel ruolo autorevole di definire ciò che è bene e ciò che è giusto. Questo tipo di autorevolezza è passata dall’essere attribuita alla metafisica, all’essere ancorata alla volontà di chiunque disponga di potere.
Il novecento ci ha mostrato che nessuno può imporsi sull’altro senza rimanere schiacciato dalla propria volontà di potenza. Il voler essere simile a Dio non divinizza l’uomo, ma lo rende arrogante e risveglia tutto il male che c’è in lui. Ne crea una caricatura diabolica insopportabile per gli esseri umani. Torturato da questa maschera e perciò torturatore a sua volta, così rimane scisso dentro di sé e incarna un miscuglio di contraddizioni inesplicabili.
Jung ricorda che non si tratta solo della storia tedesca, ma di quella europea. I fatti parlano un linguaggio più chiaro e a chi non lo capisce non è più possibile dare alcun aiuto. Ognuno dovrebbe veramente scoprire da solo il modo di affrontare questa visione terrificante. Non è davvero cosa da poco riconoscere la propria colpa e il proprio male, e nulla si guadagna a perdere di vista la propria Ombra. L’essere consapevoli della propria ombra presenta infatti il vantaggio di porsi nella posizione di poter cambiare e di differenziarsi dall’inconscio collettivo. E’ solo nella coscienza che si possono apportare correzioni psicologiche. La coscienza della propria colpa può dunque diventare il più potente stimolo morale.
In ogni trattamento della nevrosi occorre individuare l’Ombra, altrimenti non è possibile alcun cambiamento. Dove la colpa è grande, la Grazia può essere ancora più abbondante e un evento di tal genere produce una trasformazione interiore che è infinitamente più importante di riforme politiche e sociali, le quali non sono buone in mano a soggetti che non sono in pace con sé stessi.
E’ questo un principio che si continua a dimenticare, perché il nostro sguardo è attratto dalle contraddizioni esistenti attorno a noi, invece di spingersi a esaminare il proprio cuore e la propria coscienza. Quello che non va innanzitutto e l’essere umano stesso.
Se la colpa collettiva venisse compresa e accettata si compierebbe un notevole passo avanti, ma ciò non sarebbe sufficiente a portare alla guarigione. Occorre un completo rinnovamento spirituale, che non può essere inoculato dall’esterno, che ognuno deve ottenere con le proprie forze, per convivere con questa Ombra. Neppure è possibile valersi di vecchie formule, valide nel passato, perché le verità eterne non sono tramandate meccanicamente, ma devono in ogni epoca scaturire dall’anima umana.
7. Conclusione
Per concludere si rimanda al manoscritto di C.G.Jung redatto nel 1948 in lingua inglese in risposta ad una richiesta dell’Unesco, che in seguito ad una delibera della seconda assemblea generale aveva incaricato il segretario di promuovere “ricerche su moderni metodi elaborati dalle scienze dell’educazione, delle scienze politiche, della filosofia e psicologia, volti ad operare un cambiamento dell’atteggiamento mentale sulle circostanze politiche e sociali necessarie per favorire l’applicazione di determinate tecniche”. Tale manoscritto s’intitola Tecniche di trasformazione dell’atteggiamento mentale in vista della pace nel mondo e compare come paragrafo 6 nell’opera 10.2 delle Opere edite da Bollati Boringhieri
In tale manoscritto Jung precisa che il termine atteggiamento mentale, è qui inteso non solo come fenomeno mentale ma anche morale: un atteggiamento viene diretto e sostenuto dall’idea dominante conscia, che è accompagnata dalla tonalità affettiva che spiega l’efficacia di quell’atteggiamento. L’idea di per sé non produce nessun effetto pratico finché non raggiunge il supporto di una qualità emotiva, senza di essa c’è dissociazione nevrotica. Questo spiega perché il mutare d’atteggiamento non sia affatto un compito facile, dato che implica sempre un considerevole impegno morale. Se quest’ultimo venisse a mancare, l’atteggiamento non verrebbe mutato realmente e, dietro la maschera di nuove massime, continuerebbero a sussistere le vecchie abitudini di vita.
Dai tempi medievali il nostro orizzonte mentale si è ampliato enormemente, ma purtroppo solo in senso unilaterale. L’oggetto esterno prevale sulla disposizione d’animo interiore. Sappiamo pochissimo di noi stessi, anzi rifuggiamo dal saperne di più. E tuttavia è l’essere umano ad avere esperienza dal mondo, ed ogni esperienza è determinata tanto dal soggetto quanto dall’oggetto. Logicamente, quindi, il soggetto dovrebbe essere altrettanto importante dell’oggetto, ma in realtà sappiamo infinitamente meno della nostra psiche che degli oggetti esterni. L’inconscio degli individui dotati di un alto grado d’istruzione, spesso assume, sotto certi aspetti forme incredibili, per non parlare dei loro pregiudizi e del modo irresponsabile con cui non si occupano degli oggetti interni. L’esempio che essi danno alle masse, produce effetti disastrosi. Conosciamo ora meno aspetti della psiche che nel Medioevo, poiché la nostra presa di coscienza e la nostra educazione non hanno tenuto il passo con l’orizzonte esterno i cui confini sono in continua espansione. E’ evidente che una conoscenza più approfondita della psiche umana prende le mosse da una migliore comprensione di sé stessi. Quando il metodo ha buon esito, spesso consente di integrare nella coscienza molto materiale che fino a quel momento era rimasto inconscio, con il risultato sia di ampliarne l’orizzonte, sia di accrescerne la responsabilità morale. Il pericolo principale sta nell’egoismo diretto ed indiretto, cioè nell’essere inconsapevoli dell’eguaglianza ultima dei nostri simili. L’egoismo indiretto si manifesta principalmente in un altruismo smisurato, capace perfino di imporre al nostro prossimo ciò che sembra buono e giusto a noi stessi, mascherandosi dietro ai principi dell’amore cristiano per il prossimo, dell’umanitarismo e dell’aiuto reciproco. L’egoismo presenta il carattere dell’avidità che si manifesta in tre modi: istinto di potenza, concupiscenza e accidia morale. A questi tre flagelli morali si aggiunge il più temibile che è la stupidità.
Una nazione è costituita dalla somma degli individui che la compongono, e il suo carattere corrisponde alla moralità media dei suoi componenti. Non v’è nessuno che sia immune da un male diffuso in tutta la nazione. Se coloro che si trovano alla guida non fanno parte di quella minoranza che sia immune dal male collettivo, resteranno vittime della loro volontà di potenza. L’avidità accumulata in una nazione sfugge a ogni possibilità di controllo a meno che non la si contrasti con la forza. Per questo il metodo analitico, che è essenzialmente un procedimento dialettico, la cui applicabilità ed efficacia è limitata rigorosamente all’individuo, costituisce una prevenzione necessaria in vista della pace nel mondo.
Zaira Cestari.
Bibliografia
C.G.Jung ( 1913-36). Tipi Psicologici. Opere, vol. 6, Torino, Bollati Boringhieri
C.G.Jung, (1929). Commento all’antico testo cinese “il segreto del fiore d’oro”, Torino, Bollati Boringhieri
C.G.Jung. (1941-58). Civiltà in transizione. Dopo la catastrofe. Opere, vol.10, Torino, Bollati Boringhieri.
Von Franz M.L. And Hillman J. (1971). Lectures on Jung’s Typology, Zurich, Spring Publications
DEFINIZIONI DEL REALE: LA REALTA’ DELL’INCONSCIO, L’APPARENTE INVISIBILE E IL RUOLO DELL’INTUIZIONE NELLA CONTEMPORANEITA’
Seminari del Pensare, Orvieto 4/5 settembre 2015
Invisibile, Naturale, Sovranità
http://orvietosi.it/2015/09/il-seminario-del-pensare-invisibile-naturale-sovranita/
Abstract
Questa sintetica ricerca partirà dai contributi di antropologi, storici e ricercatori della psiche sulla comparazione di simboli che accomunano la spinta di popoli appartenenti a diverse epoche e culture a trovare un senso a cio che si muove nell’interiorità dell’umano in rapporto a cio che vive con il mondo esterno.
Tale incipit ha la funzione di porre in relazione ciò che comunemente, nella società contemporanea globalizzata, chiamiamo reale, con ciò che ora è trascurato e relegato nell’ambito del falso, ma che in passato e in certe forme tutt’ora, era chiamato reale, seppur invisibile e solo percepibile come un fugace riflesso.
La tesi di questa ricerca sposa la visione della psicologia analitica, nata e nutrita dal celebre psichiatra C.G Jung e da alcuni suoi collaboratori passati e contemporanei, che ha le sue basi nell’assunto della realtà dell’inconscio e sulla ricerca, attraverso la comparazione della produzione simbolica nei sogni, nei sintomi, nei miti e nei riti, di come esso sia antecedente alla coscienza e alle sue produzioni e di come la sovranità della coscienza e della volontà possa essere illusoria a fronte del mare dell’inconscio da cui tutto nasce a a cui tutto torna.
In particolare porrò attenzione alla funzione chiamata intuizione, calandola all’interno della sistematizzazione della tipologia psicologica curata da Jung stesso, a seguito di profonde ricerche cliniche e culturali.
In una conferenza tenuta a Basilea, riportata nelle trascrizioni di Roland Cahen, Jung, a proposito dell’intuizione, afferma:
“L’intuizione, naturalmente, in quanto funzione irrazionale, non è facile da definire per l’intelletto. Nei miei “Tipi Psicologici”l’ho chiamata una “percezione per via inconscia”, poiché una delle sue caratteristiche consiste nella difficoltà a poter precisare dove e quando nasca. Essa sembra poter percorrere molte strade e, grazie al suo emergere, permette di vedere, per così dire, “dietro l’angolo”. Mi limito a questo, e confesso che non so, in fondo, come opera l’intuizione; non so cosa è successo quando un uomo sa improvvisamente una cosa che, per definizione, non dovrebbe sapere; non so come è giunto a questa conoscenza, ma so che è reale e che può servire come base per la sua azione. I sogni premonitori, la telepatia e tutti i fatti di questo tipo sono intuizioni. Ho constato questi fenomeni in grande quantità, e sono convinto che esistano; se ne incontrano tra i primitivi e da ogni parte, non appena prestiamo attenzione alle percezioni che ci giungono attraverso gli strati subliminlali del nostro essere, ossia che si trovano sotto la soglia della coscienza. L’intuizione è una funzione molto normale, perfettamente naturale e necessaria; si occupa di ciò che non possiamo né sentire né pensare, perchè manca di realtà, come il passato che non ne ha più, e il futuro che non ne ha ancora, per quanto possiamo immaginarlo. Dobbiamo essere molto riconsocenti al cielo di possedere una funzione che ci elargisce una qualche luce su ciò che è “molto al di là delle cose”.
( C.G.Jung, 1934, Elena Caramazza (a cura di). Le conferenze di Basilea, pp. 77, 78, Bergamo: Moretti e Vitali, 2015)
Approfondirò quindi l’intuizione e il suo rapporto con altre funzioni nel mondo contemporaneo e di come il suo ruolo attuale dipenda dal conflitto intrapsichico tra opposti e interpsichico, ovvero all’esterno del soggetto, che si è manifestato e tutt’ora si manifesta in dibattiti filosfici/religiosi che si sono svolti nel corso dei secoli.
Cercherò di delinare il profilo della situazione dell’intuizione principalmente nelle istituzioni pubbliche e private dedicate alla cura medica e psicologica, alla gestione del corpo e dei malesseri dell’anima, nella vita relazionale quotidiana con se stessi e con l’Altro.
Fine di questa ricerca è di contribuire alla fertilizzazione di un campo che può essere proficuo.
Mia intenzione non è quindi dare risposte alle mie domande, ma porre un seme nel dialogo collettivo rispetto al rapporto tra visibile e invisbile, al fine di ribaltare, non definitivamente, bensì per creare circolarità, la definizone del reale.
L’auspicio è che lo sviluppo tecnico, che alimenta l’unilateralità di ciò che è visibile e concreto, possa essere bilanciato nella sua corsa da un’accettazione cosciente della realtà di cio che è invisbile e incomprensibile razionalmente, e potendo cosi proseguire nell’opera di evoluzione umana in equilibrio con una più ampia fetta di ciò che è naturale, rinunciando ad un ideale di sovranità indiscussa della coscienza.
DEFINIZIONI DEL REALE:
LA REALTA’ DELL’INCONSCIO, L’APPARENTE INVISIBILE E IL RUOLO DELL’INTUIZIONE NELLA CONTEMPORANEITA’
Dice Hillman: “I fatti sono chiari: le guerre occidentali sono appoggiate dal Dio cristiano, e alla sua chiamata alle armi non ci possiamo sottrarre perché siamo tutti cristiani, indipendentemente dalla fede che seguiamo, dalla chiesa che frequentiamo o anche dalla nostra professione di ateismo. Puoi essere ebreo oppure musulmano, puoi rivolgerti al tuo dio con i riti della Santeria, puoi fare parte della Wicca, ma se vivi nel mondo occidentale, psicologicamente sei cristiano, marchiato indelebilmente con il segno della croce nel cuore e nella mente e in ogni fibra del corpo. Il cristianesimo è dappertutto, nelle parole che usiamo, nelle bestemmie che pronunciamo, nelle rimozioni che rafforziamo, nello stordimento che cerchiamo, nella eredità di assassini religiosi della nostra storia: l’assassinio degli ebrei, l’assassinio dei cattolici, l’assassinio dei protestanti, dei mormoni, degli eretici, dei dissidenti, dei liberi pensatori… Se pensi che la tua anima personale sia distinta dal mondo esterno e che consapevolezza e coscienza morale siano localizzate in quell’anima (e non nel mondo esterno) e che perfino il gene egoista sia individualizzato nella tua persona, allora, psicologicamente, sei cristiano. Se la tua prima reazione a un sogno, a una notizia, a un’idea è di operare immediatamente una divisione tra bene e male morali, allora, psicologicamente, sei cristiano. Se associ il peccato alla carne e ai suoi impulsi, ancora una volta, psicologicamente, sei cristiano. Se noti quando un presentimento si realizza, se prendi le sviste come segnali e credi nei sogni, ma poi ti affretti a liquidare queste intuizioni come “superstizione”, sei cristiano, perché quella religione mette al bando ogni forma di comunicazione con l’invisibile che non sia Gesù. Quando volti le spalle ai libri e allo studio, per cercare nei tuoi sentimenti intimi risposte semplici a problemi complessi, sei cristiano, perché il cristianesimo dice che il Regno di Dio e la voce del suo vero Verbo sono nell’interiorità. Se la tua teoria psicologica designa certi stati dell’anima con espressioni come ambivalenza, io debole, scissione, crollo, confini incerti, e ne ha paura considerandoli malattie, allora sei cristiano, perché quei concetti esprimono l’adesione a un’autorità centrale, unica e potente. Se pensi che i dati apparentemente casuali della storia abbiano una finalità, segnino in qualche modo un’evoluzione, e che la speranza sia una virtù e non un’illusione, allora sei cristiano. E sei cristiano quando credi che alla fine del tunnel delle umane disgrazie ci attenda la risurrezione della luce invece che la tragedia irrimediabile o il caso o la sfortuna. E, in particolare, sei un cristiano americano quando idealizzi una tabula rasa di innocenza infantile come se fosse la condizione più vicina a Dio. Non possiamo eludere duemila anni di storia, perché noi siamo la storia incarnata, ciascuno di noi è stato gettato sulle spiagge occidentali dello hic et nunc dalle mareggiate di tanto tempo fa.
Possiamo disconoscere la presa del cristianesimo sulla nostra psiche, ma che altro è l’inconscio collettivo se non gli schemi emotivi inveterati e i pensieri non pensati che ci riempiono di pregiudizi che ci piace chiamare scelte? Siamo cristiani fino al midollo. Nelle nostre distinzioni si nasconde san Tommaso, alle nostre buone azioni presiede san Francesco, e migliaia di missionari protestanti di ogni setta immaginabile concorrono nel darci l’innata certezza di essere superiori a tutti e capaci di aiutare gli altri a vedere la luce.” (James Hillman, Un terribile amore per la guerra)
C.G.Jung, afferma in diverse opere, seminari ed interviste che l’uomo non puo vivere senza un senso e miti e religioni dimostrano che egli attraverso il simbolo ricerca un senso a ciò che non è visibile e quindi non comprensibile all’interno di una legge lineare di causa ed effetto.
L’umanità nel corso della sua storia è cambiata, si è trasformata, e la psicologia analitica si occupa anche di osservare le fasi di trasformazione e cambiamento della coscienza collettiva. L’opera di Jung si sofferma ed approfondisce la progressiva differenziazione delle funzioni della coscienza a scapito di altre nel corso di questo sviluppo della coscienza umana.
Per funzioni parlo di modalità polari di approccio all’esperienza sia interiore che esterna e nella psicologia anlitica sono identificate con il pensiero opposto al sentimento (nell sfera razionale) e con la sensazione opposta all’intuzione (nella sfera della percezione). Questa evoluzione ha visto cambiamenti nella religiosità umana, nella cultura letteraria e musicale e nei gusti artistici.
Cio che in questa sede ci interessa particolarmente, dal momento che il nostro principale tema è l’intuizione è l’esistenza della legge naturale della crescita asimmetrica oltre che quella simmetrica: prima cresce un ramo a destra e poi un ramo a sinistra. Osservando la coscienza collettiva, rimanendo quindi su un piano generale, la crescita asimmetrica appare più evidente: in molte epoche si assiste ad un rinforzo di cio che è nascente, a scapito di ciò che è passato e di ciò che potrebbe opporsi all’istanza nascente. In tale situazione ciò quindi che non contribuisce allo sviluppo della parte emergente è relegato ai margini.
Jung si è occupato di periodi religiosi ove la religione rappresenta il mito, il simbolo che parla dello stadio della coscienza del periodo storico. Dalla nascita di Cristo, dall’anno 0 quindi fino ad oggi ha imperato, è stata sovrana l’immagine di quel tipo di coscienza che illumina, che separa, che misura, l’animus della psiche, il maschile. Il femminile rappresenta il pericolo per questa coscienza che innalza dall’inconscio arcaico e animale. Il femminile nell’accezione negativa è l’istanza della regressione. Jung, per fare un esempio, si è occupato a lungo e in profondità del problema della trinità, del 3 e del 4, simbolo della totalità. Nella trinità il femminile è escluso. Il femminile è il serpente ed è satana. Questo sia nella coscienza degli uomini sia delle donne. Si sta parlando di coscienza e di inconscio collettivo: tant’è che solo il 1 novembre 1950 è stato proclamato da papa Pio XII il dogma cattolico dell’assunzione al cielo della vergine Maria. In quel momento si rese palese come un dogma può cambiare. Quel che è sovrano rende invisibile ciò che destituirebbe la sua sovranità.
Ma da un analisi cosi approfondita fatta da Jung, scendiamo in una dimensione piu circoscritta, sebbene anche ad essa possa essere applicato lo studio più ampio di cui sopra.
Parlerò di intuizione proprio in virtù di questo rapporto sovranità-invisibile. Forse l’opposizione tra questi due termini non è l’unica relazione possibile tra i due. Cosa succede se nella sovranità è inclusa un istanza che fa luce nel buio, e che vede il nero nel bianco e il bianco nel nero? E’ una sovranità che vede il suo essere limitata, che vede che confini ce ne sono ovunque e che vede che non puo vedere tutto, non può controllare tutto. E’ una sovranità diversa. Ma è possibile?
Jung in Ricordi Sogni e Riflessioni, scritto alla fine della sua vita ed edito nel 1965, afferma che “assimilare l’intuizione che la vita psichica ha due poli è un compito del futuro”.
Questa affermazione è colta del fatto che anche in gran parte della psicologia e della ricerca spirituale moderna è come se vigesse ancora, o almeno fino a pochi anni fa, l’antico dogma trinitario, il dogma dell’hic et nunc,il dogma del padre, il dogma che è reale cio che è presente, cio che è già manifestato, ciò che è considerato oggettivo perchè cosciente per la collettività nello stesso momento. Ancora vige la fascinazione per la luce, ma si sa che la luce del sovrano, piu è luminosa piu annienta le luci dei sudditi, relegandoli nell’ombra del popolo dimenticato nei sobborghi della città o nei sobborghi della cultura umana, che da un punto di vita che considera la pische come onnipresente, sono i sobborghi nella psiche, la cosiddetta Ombra e l’Inconscio.
La scienza che rassicura il singolo e la collettività, relega il simbolico nell’inconscio proponendo invece il segno o l’allegoria, ovvero l’immagine che rappresenta chiaramente ciò che la coscienza vuole rappresentare, niente di piu. Questo è il regno indiscusso dell’ego che si illude di essere il solo e di veder tutto. Questo è lo stadio dell’onnipotenza del bambino che ha bisogno di credere assolutamente in cio che sa con chiarezza per poter proseguire nell’assimilazione del sapere e nell’accrescimento della coscienza. E’ la fiducia primaria in sé, necessaria per la nascita della coscienza e ciò e necessario finchè c’è una qualche forma di materno esterno che lo consola quando subentra qualcosa di incomprensibile. E’ la madre che detiene l’incomprensibile, è la terra, la profondità, l’inconscio, ciò da cui tutto nasce e ciò a cui tutto ritorna.
Il bisogno e il tentativo di far fronte all’angoscia del buio, dell’incomprensibile, del non controllabile, rimanda solo un po piu in la l’incontro con il buio, con il possibile e nello stesso tempo con il limite.
La negazione del inconscio, del simbolico e dell’intuizione si rivela chiaro nell’ambito della cura del corpo oltre che in certe forme della cura della psiche e della spiritualità. Subentra il conflitto tra reale ed irreale. Per esempio quando compare una difesa tipica come “si ma io sto male per un motivo reale, tangibile, mentre tu stai male solo per dei fantasmi creati dalla tua mente”, si rivela in tutta la sua drammaticità la sovranità di un tipo di realtà a scapito di un’altra realtà.
Concepire un tipo di sovranità, quindi un tipo di coscienza che non allontana il buio ma che muove la fonte della luce in modo dinamico e variabile, in modo tale da avere un’ idea il piu completa possibile di cio che c’è nella stanza buia, significa condurre la coscienza verso la consapevolezza delle sue stesse possibilità e dei suoi stessi limiti. E’ una coscienza, e quindi un tipo di sovranità che non dichiara guerra alle terre straniere per eludere l’angoscia che il confine attiva, ma è una csocienza che intuisce al di là dei confini ma rimane nel suo territorio al fine di coltivarlo con quel che gli è dato.
Ma esiste, è reale e quale è la parte che registra la presenza dell’invisibile? di ciò che non è qui ma di cio che è la? È possibile dare realtà alla percezione di cio che non è misurabile non è percepibile con i 5 sensi fisici?
Jung parla d’ intuizione. E ne parla (ne scrive) come di una delle quattro funzioni psichiche. La pone quindi sullo stesso piano. Non è qualcosa di metafisico, o di illusorio o che ci puo dire meno o piu della realtà rispetto ad altre funzioni che collettivamente conosciamo meglio.
Riporto un’ eloquente citazione tratta da un libro inedito, curato da Elena Caramazza, cosnistente nelle trascrizioni di Roland Cohen alle conferenze di Basilea del 1934, ma ancora attuali, o meglio, ancora maestre sia in psicologia che in filosofia.
“L’intuizione, naturalmente, in quanto funzione irrazionale, non è facile da definire per l’intelletto. Nei miei “Tipi Psicologici”l’ho chiamata una “percezione per via inconscia”, poiché una delle sue caratteristiche consiste nella difficoltà a poter precisare dove e quando nasca. Essa sembra poter percorrere molte strade e, grazie al suo emergere, permette di vedere, per così dire, “dietro l’angolo”. Mi limito a questo, e confesso che non so, in fondo, come opera l’intuizione; non so cosa è successo quando un uomo sa improvvisamente una cosa che, per definizione, non dovrebbe sapere; non so come è giunto a questa conoscenza, ma so che è reale e che può servire come base per la sua azione. I sogni premonitori, la telepatia e tutti i fatti di questo tipo sono intuizioni. Ho constato questi fenomeni in grande quantità, e sono convinto che esistano; se ne incontrano tra i primitivi e da ogni parte, non appena prestiamo attenzione alle percezioni che ci giungono attraverso gli strati subliminali del nostro essere, ossia che si trovano sotto la soglia della coscienza. L’intuizione è una funzione molto normale, perfettamente naturale e necessaria; si occupa di ciò che non possiamo né sentire né pensare, perchè manca di realtà, come il passato che non ne ha più, e il futuro che non ne ha ancora, per quanto possiamo immaginarlo. Dobbiamo essere molto riconoscenti al cielo di possedere una funzione che ci elargisce una qualche luce su ciò che è “molto al di là delle cose”.
( C.G.Jung, 1934, Elena Caramazza (a cura di). Le conferenze di Basilea, pp. 77, 78, Bergamo: Moretti e Vitali, 2015)
A Pisa conduco da due anni le serate junghiane, serate di letture e discussioni su temi della psiche e del simbolico, e spesso quando emerge qualcosa che appartiene al regno dell’intuizione, che è una percezione al pari della sensazione, sorgono sempre quesiti, dubbi se non attacchi a chi concepisce tale sfera come reale. Nessuno metterebbe in dubbio la sensazione di calore vicino ad un camino acceso o di freddo in vicinanza di una finestra in inverno. Ma quando si parla di qualcosa che è nel regno del mentale, ma non appartiene al pensiero razionale che spiega e classifica, giunge la necessità di negare e di confutare.
Una parte della psicoanalisi nell’accezione in cui la conosciamo ora, si è sviluppata a partire dall’esigenza di studiare e curare il fenomeno dell’isteria. Qual’era il senso veicolato dale isteriche? L’esigenza dell’irrazionale di far parte del mondo si manifestava attraverso sintomi fisici altamente invalidanti e non spiegabili mediante leggi fisiche come lesioni d’organo o alterazioni funzionali fisiche.
Con la psicoanalisi la coscienza umana ha iniziato a riconsiderarereale, ciò che per secoli è stato trascurato e relegato nell’ambito del falso, ma che in passato e in certe forme tutt’ora, era chiamato reale, seppur invisibile e solo percepibile come un fugace riflesso. La novità è che dare realtà all’ invisibile non significa togliere realtà al visibile.
Con la psicoanalisi in generale e con la psicologia anlitica di jung in particolare si assiste ad una nuova risposta alla progressione della coscienza umana. Fa capolino il concetto di inconscio che porta con se il concetto di relatività della coscienza e di proiezione (all’esterno di ciò che inconscio). L’immaginario sull’ inconscio acquisisce nel corso del novecento validità grazie allo studio antropologico comparato della produzione simbolica nei sogni, nei sintomi, nei miti e nei riti. (si pensi ad esempio allo studio sulle religioni di Gerardus van der Leeuw)
L’intento dell’opera junghiana è quella di far luce sulla storia della coscienza mettendola in relazione con il concetto di inconscio e di come esso sia antecedente alla coscienza e e di come la sovranità della coscienza e della volontà possa essere illusoria a fronte del mare dell’inconscio da cui tutto nasce e a cui tutto torna.
Il guardare all’inconscio è lo sguardo nella notte, nella profondità della terra o appunto dietro l’angolo. Sovrana nella psicoanalisi è la funzione psichica che guarda in là, che percepisce cio che non è visibile, ed è quella funzione che collettivamente per secoli è stata la quarta, ovvero l’ombra, quella inferiore, da deridere, da catalogare come falsa e pazza. Cio o chi è caratterizzato da intuizione è cosi l’ombra per il collettivo. Ma si sa che è dall’ombra, che si accede alla trasformazione e quindi al cambiamento.
Dice Von Franz in tipologia psicologica :
“La funzione inferiore è la ferita della personalità cosciente che mai si remargina e sanguina perennemente, ma è attraverso di essa che l’inconscio può entrare in ogni momento, apportando un ampliamento della coscienza e generando un atteggiamento nuovo.
Nella maggior parte delle società normali, la gente nasconde la propria funzione inferiore attraverso la Persona. La Persona trova na delle sue piu importanti ragioni di sviulppo nel desiderio di non esporre la propria inferiorità, specialmente l’inferiorità della quarta funzione.”
Afferma inoltre che l’intuizione intuisce appunto il Sé e cosa avviene nel Sé (intesa come totalità psichica comprensiva di conscio e inconscio e che rappresenta la realizzazione piena di sé, al di là dell’imitazione di profeti ed eroi), e di come la collettività, rimuovendo l’intuizione si è allontanata dal Sé, da ciò che è invisibile agli occhi. Intuire il Sè significa intuire l’altra metà della mela. Significa non cedere alla sovranità indiscussa della coscienza che vede per polarità, ma può voler dire guidare la vita sapendo sempre che accanto al visibile c’è l’invisibile, accanto al sovrano ci sono sempre sudditi che possono in ogni momento divenire sovrani e che la natura ci insegna proprio questo: la presenza del dì e della notte.
L’auspicio è che lo sviluppo tecnico, che alimenta l’unilateralità di ciò che è visibile e concreto, possa essere bilanciato nella sua corsa da un‘accettazione cosciente della realtà di cio che è invisibile e incomprensibile razionalmente, e potendo cosi proseguire nell’opera di evoluzione umana in equilibrio con una più ampia fetta di ciò che è naturale, rinunciando ad un ideale di sovranità indiscussa della coscienza.
Bibliografia
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C.G.Jung , Tipi Pisicologici, 1921-1936
C.G.Jung, Mysterium Coniuctionis, 1955, 56
C.G.Jung, Ricordi Sogni e Riflessioni, 1965
J. Hillman, Un terribile amore per la guerra, 2005
S. Tagliagambe, A. Malinconico, Pauli e Jung, 2011
Erich Neumann,Storia delle origini della coscienza, 1978
G. Van der Leeuw. Fenomenologia della religione, 1933
M.L.Von Franz, Tipologia Psicologica, 1988
The Active Imagination and the problem of the conjunction of the opposites
Papel presentato al 12° Congresso ISARS ( International Society of Academic Research on Shamanism) tenutosi a Delfi (Grecia) dal 9 al 13 ottobre 2015
The Active Imagination and the problem of the conjunction of the opposites.
Abstract:
In the years immediately preceeding the two World Wars, from the consciousness of the psychiatrist C.G. Jung arose images portraying Europe flooded by a sea of blood. At first, he believed to be on the verge of psychosis, but then, when the war started, he began to realise what those images meant, and ventured himself into an exploration of the inner self, that he afterwards called “Active Imagination.” This whole experience is illustrated and commented in the Red Book.
This paper dwells on the testimony embodied by the book, regarding the issue of the archetypal polarities. The practice of the Active Imagination, still not popular in mainstream culture, represents an individual and collective source apt to overcome the global crisis, in an Era, which we live in today, where the hypertrophic and extroverted vision has brought a profound division in the archetypal opposites. The outcoming conflict is projected to the outside world, in greater proportions.
The internal vision of the Active Imagination opens a path to reignite counsciousness, clarifying that whatever is unsolved in the inner self, conflicts externally. What we said has a value for the life of the individual, and, moreover, as a consequence to Society in its entirety.
The Active Imagination is connotated as a way of transformation wich is perpetrated through the vision of the inner cosmology: a process without which, to acquire consciousness of the opposites, and the conflicts deriving from their division, wouldn’t be possible.
If you have read the abstract I presented, you’ll probably already wondered which is the familiarity between intuitions with respect to the processes of psychological transformation and the study of the present situation of the world shamanism, and the theme of our panel “Approaching the End: precariousness, Transcendence, Politics “
I’m not going to respond in a exhaustive manner but this research is motivated by the question: “which is the function of this emerging phenomenon, which is the depth psychology, in the context of the crisis, of the precariousness?
The analytical psychology carried out by Carl Gustav Jung is particular (peculiar) because the aim of it is to study the self and the community within a vision that sees the phenomena as dynamic moments of a transformative cycle that takes place on different levels: they happen on a physical matter level, on society level and on self level. What stands out in his works, studying and comparing the mythopoietic productions of the psyche (religions, myths, rituals) is that in history there has been a progressive withdrawal of the projections (this is what it claims also Gerard van der Leeuw, theologian and historian of religions, contemporary with Jung).
What was once lived in a concrete way, animistic, often,during a process that takes place unconsciously (what Jung would call a natural individuation process), becomes first more abstract and than introjected.
If we look at human relationships, politics, and economy, this process is still ongoing and far from being conscious. When it happens on unconscious level, that is in a no voluntary way, both the collective and individual consciousness identified often itself only with one pole of each phenomenon, while continuing to project the opposite on the other (?), and this increases the split among the selves or among the group he belongs to, or among their reference values and the otherness, what is not me, is not us or what is opposite to what I consider my tradition.
Today we are witnessing the revival of popular interest in rituals, alternative techniques and disciplines, to search for more human dimensions in the field of healing both psychological and physical. These modern phenomena promote the return to an irrational dimension (which I prefer to call a-rational) to experience the self and the outside world.
But we can notice, in the current times, that beside a very evolved dimension of rational, the irrational part is still experienced in an archaic form. The search for natural healing of human evolution is still focused on teachers, gurus, techniques and rituals, without the search for an access to the direct experience requested by the a-rational dimension, just to be the domain of the direct perception. This situation is the manifestation of how in more recent centuries, the irrational has been rejected in favor of a unique domain of rational and of how much it is difficult to legitimate feelings, inner vision and dreams. However, as Jung and history teach us, what is rejected come back to the surface giving account of itself in catastrophic forms, such as wars, ideologies (which have nothing rational) and crises of all kinds.
My intent is to cover summarily the process of what shamanism, as well as the European medieval alchemy and its ancient roots, is for depth psychology, an early progenitor, to be observed as a teacher and then go further, combining past and contemporaneity, without rejecting neither the one nor the other, combining magic and rational, mind and body, inner and outer, individual (self) and the world, visible and invisible.
Jungian psychology is part of a process of introversion and symbolization of spirituality, of research on human nature and the supernatural magic. Jung in the Red Book says:
Depths and surface should mix so that new life can develop. Yet the new life does not develop outside of us, but within us. What happens outside us in these days is the image that the peoples live in events, to bequeath this image immemorially to far-off times so that they might learn from it for their own way; just as we learned from the images that the ancients had lived before us in events (Jung 2010).
As long as rationality is taken to the absolute dominion and as long it continues to deny these natural and human phenomena alone that it can not understand and explain by itself, it is not possible a real evolution of consciousness and human history, but it instead creates an involution, where the denied irrational relegated to the shadows of the past takes over unconsciously, leading to seemingly unsolvable crisis. Both the body and the psyche, in fact, as shamanism teaches, are realms where energies that do not follow only the laws of cause and effect manifest themselves and this is why they are neither categorized nor quantifiable, without loosing the track of the global meaning .
The work of Jung, and his experience of life, is a still relevant attempt, to cope the need to integrate in us also what we call “magic”, irrational; to cope the need to become aware that what we fear and deny or seek outside of us, it is something that intimately belongs to us but that we still project outside of us, idealizing it, reducing it, denying it or avoiding it.
The a-rational, that for the rational western-style culture now globalized, is a shadow looming on the individual and the community, which, like the rational one, is an essential part of life, as well as the feminine, to be accepted, learn and integrate in the conscious attitude.
In the same years they develop both quantum physics and psychology of CG Jung and Marie Louise von Franz. In the correspondence between Jung and Pauli (Nobel prize will for physics in 1945) Jung says:
In the same way in which the psyche and matter are contained in one and the same world, there are also, in permanent contact and are supported – ultimately – by transcendental incomprehensible factors; infact, it is possible, and even very probable, that matter and psyche are two different aspects of the same and unique thing. I think the synchronic phenomena turn in this direction: the “non psychic” could act as the “psychic”, and vice versa, without there being a causal relationship between them. ” (C. Meier, 1999).
Jung, supported by the simultaneous investigations of quantum mechanics and later by certain areas of neuroscience, makes explicit the sense he finds in the events of the twentieth century, that is he sees in social conflicts, in the crisis of traditional and religious values and in the individual mental illness, the need to unite opposites and make conscious the symbolic level that the ancients projected on the matter and natural forces and that instead is denied by moderns, disowned and left in the shadows like a dragon or an evil spirit, ready to burn everything.
I’m not here to make an introduction to the analytical psychology, or to give a lecture on the myth of Jung, but I think the fruitful seed of his intuitions should still, in 2015, entirely sprout.
What have in common shamanism and that germ I am speaking about?
The shaman embodies the image of the healer by means of rituals that connect him to invisible energies, activates a process of change in the community and maintains community identity through communication with images and timeless and ancestral energies.
Jungian epistemology, focuses on individuative needs, that is the natural law of transformation, which brings the being to develop fully the significance of his existence, to realize what he embodies, consciously or more often unconsciously.
The Self, (the psychic totality, that transcends the individual consciousness and that is transpersonal), includes both the I (the center of consciousness) with whom we identify, and what we do not recognize and that we project externally.
Make the individuation process conscious and voluntary, means fulfill a step that humanity is called to do, according to Jung, and considering the tragedies of the twentieth century. Make the individuation process conscious and facilitate the integration of split images, disowned and projected on the outside world, means starting to see within oneself, all that before one could see outside. It means to recognize the psychic totality as containing everything, even what we fear or that fascinates us, it is to experience the (we note here the link with the genius loci of the place where this conference takes place) “Know thyself”, dear here in Delphi .
I quote Jung again to deepen the process that binds depth psychology the transcendence of shamanism. In Mysterium Coniuctionis he says:
“But this much we do know beyond all doubt,that empirical reality has a trascendental background, a fact which, (….) can be expressed by Plato’s parable of the cave. The common background of mycrophysics and depth-psycology is as much physical as psychic and therefore neither, but rather a third thing, a neutral nature which can at most be grasped in hints since in essence it is trascendental. The background of our empirical world thus appears to be in fact a unus mundus” (CG Jung, 1955-56)
We start from the most important experience of Jung. He, who was not a student of Freud, but a young psychiatrist who worked at Burghozli (Psychiatric University Clinic) in Zurich, interested in the meaning of the psychic manifestations of the patients of the clinic, he found the concept of the unconscious that Freud was studying, as a key for the deepening of that the sense he believed peculiar both for the understanding of these people, and for the “cure”. In an era of external conflicts, the search for this sense became urgent. His personal psychology, this work and his vicissitudes of life, led him to a major crisis. He saw, while awake, images of Europe devastated. At first he thought he was getting himself into a psychosis, just as his patients of Burghozli, then, when the First World War broke out, he realized his unconscious already contained the precounciousness of future events. But he was not a seer, or a shaman, at least not most of those psychotic patients. He then had the intuition that the unconscious symbolizes when consciousness fails to symbolize and that if those symbols or images are not made conscious, they manifests in psychic, somatic or collective conflicts. Then he started a long period of immersion in his own images, in his own unconscious world and in the dialogue with the different parts of himself, he called this path active imagination. This dialogue was what patients and people could not and can not fulfill this task and therefore this task was entrusted to the shaman, the the healer, to the mystic and nowadays to the psychoanalyst.
In those years of traveling among the images of the unconscious, he wrote what we now know as the Red Book, First Matter, from which then he developed his entire theoretical reflection.
In his works, it is not so much in the foreground his personal experience, his images, but mainly what he has perceived as collective in this journey, and that belong to that famous collective unconscious. He often underline how it is important that everybody undertake his own inner journey in order to meet within himself both what he doesn’t accept of himself and of human history, and what the consciousness more identifies with .
But what Jung did not want, in line with the concept of archetypal individuation, was that a numinous image was projecting on him and then, that an external figure became responsible for his own identification, of the “know thyself”.
Maybe that process of personal integration, discovery and becoming entire is still collectively l difficult, and this is why Jung did not want to publish the Red Book, if not at least 50 years after his death.
In this personal journey of initiation in which the guide is interior, the magical element ceases to be something external, the object is no longer “mana”, that is, endowed with magical powers, but the a-casual and syncronic phenomena, are perceived as part of one’s psyche, and what was magic before, can be seen and cured as a a-rational part of the self, opposed to rational.
Shamanism is going through a crisis at cultural, political, symbolic level: it seems that few individuals can no more compensate the hypertrophic development of rationality that split, divides and judges.
The study of dreams and of inner images by means of the active imagination, is seen as an initiatory modern process for initiation, where it is the individual who comes in contact with the natural forces that he can feel into himself, into his images, into his dreams, into his discomfort. Forse cercavi:
The shamans and the so-called primitive peoples lived their life symbolically, but the symbol was projected on the object. The principio individuationis studied and promoted by this Jung and few others’ psychology of initiation, becomes part of habitual life, in which everything that happens, is part of the symbol that one’s own psyche produces.To live it, means to live one’s own myth, and the events that take place and roles represented by local characters, are necessary for the unfolding of the story that if projected outside on gods and heroes, has the function of representing the human experience, but if observed from within, it has the function of transcending the conflict of opposites and to create new ways forward.
Jung in his autobiography Memories Dreams and Reflections (an autobiography based more than on the facts of life, on inner impressions and perceptions) states:
“My aim was to show that delusions and hallucinations were not just specific symptoms of mental disease but also had a human meaning. To discover this meaning is to see, and accept the polarities existing in every natural and human phenomenon. He also states: “The assimilation of the fundamental insight that psychic life has two poles still remains a task for the future.”
Jung worked for the process of awareness of matter and psyche mutual influence: the psyche is considered (conceived) as a space where it is possible to the world and, in practice, the only way to influence it.
About this Edinger says:
“Concepts and abstractions do not coagulate, they make air and not soil, they are agents of sublimatio. The images of dreams and active imagination, however, coagulate: they connect the outside world with the inner world by means of similar or proportional pictures, and so they coagulate matter of soul stuff. “
Considering the active imagination, Marie Louise von Franz states:
“Some active imaginations may be realized as conversations with parts of one’s body perceived internally or hearing them talk. This is of great help especially in cases of psychogenic physical symptoms. Whatever is the material one put in contact with, inside or outside the body, especially many synchronistic events can occur, this is a fact that highlights the extraordinary power of active imagination. “(Marie Louise von Franz, 1977)
I will conclude my contribution by mentioning a phenomenon that become fundamental concept in the research of human dephts and of the human (?) nature, both in physics than in Jungian psychology: synchronicity. The process of integration of the images projected on the outside world seems to create a kind of acceleration of the process itself therefore the archetype of the self, of the psychic totality activates, within which not only happen causalistic events, but also synchronic, which are that unconscious reality that motivates the belief in magic.
The awareness that these magical or synchronic phenomena increase more and more when we are occupied in listening to what resonates within ourselves, lead to the realization that we are joined with the whole human race and with nature.
I finsh my contribution by saying that perhaps it is no coincidence (synchronicity?) that we are here to talk about the destiny of a more intuitive awareness of oneself and of nature, in the homeland of the Oracle of Delphi, where, as Dodds says:
“The Pythia became entheos, plena deo.The god entered into her and used her vocal organs as if they were his own, exactly as the so-called “control” does in modern spirit-mediumship; that is why Apollo’s Delphic utterances are always couched in the first person, never in the third. There were, indeed, in later times, those who held that it was beneath the dignity of a divine being to enter into a mortal body, and preferred to believe like many psychical researcher in our own day that all prophetic madness was due to an innate faculty of the soul itself , which it coul exercise in certain conditions, when liberated from bodily interference and from rational control. (E. R. Dodds)
Even here it seems that the archetype of the Self, or what that brings us to the awareness of the irrational connection of all things, is a reality that has always existed and that today we need to be more and more aware of it, at an age when it is more and more urgent an inner renewal of the individual, and a social, political and economic renewal.
Bibliografia.
C.G.Jung, Sonu Shamdasani (a cura di), Libro Rosso, 2010
C.G.Jung, Mysterium Coniuctionis, 1955-56
C.G.Jung, Aniela Jaffè (a cura di), Sogni, ricordi, riflessioni, 1965
C.Meier, Il carteggio Pauli-Jung, Roma, 1999
E. R. Dodds, I greci e l’irrazionale, 1951
E. Edinger, Anatomia della Psiche, 1985
E. De Martino, Il mondo magico, 1973
Gerardus van der Leeuw. Fenomenologia della religione, 2002.
M.L.Von Franz, Alchemical Active Imagination, 1979
M.L.Von Franz, rivistapsicologianalitica., cap. 7, n.17-1977,
Plutarco, Dialoghi Delfici, 1983
Anima dalla quarantena
Articolo pubblicato sulla Rivista di Psicologia Analitica, 101/2020 n. 49 Passato e Presente, Casa Editrice Astrolabio
http://www.astrolabio-ubaldini.com/scheda_libro.php?libro=1495
Il 18 marzo 2020, mentre gioco al sole con il mio bimbo sulla terrazza di casa mi accorgo che sento una serenità insolita. Non mia penso, o forse anche, ma non solo mia. C’è quiete!!In strada, le automobili non passano,tuttavia mi sembra di percepire una quiete che viene da oltre la strada, da altre strade, dal cielo, dal mare, dalle piazze. E’ quiete ovunque. Arriva un grosso insetto nero che cerca un buco per fare la sua casa. Mi sembra uno scarabeo…chissà, non sono un’esperta di insetti. Però la mente va a Jung ( per chi non lo sapesse, è abbastanza noto un aneddotto di C.G.Jung a proposito dello scarabeo) e mi chiedo cosa direbbe lui a proposito di questa situazione di quiete forzata e di questa pandemia. In camera, da cui si apre la terrazza, ho lasciato da mesi su di un mobile il libro “Jung parla”. Lo apro e “casualmente”, trovo questa intervista che vi riporto con dei spezzoni che ho selezionato per rispondere a questa domanda specifica che “ho posto” al caro maestro. 27 febbraio 1931Intervista di Whit Burnett a C.G. Jung intitolata “L’America deve dire di no””I ritmi americani vengono oggi assunti come la norma su cui va impostata la vita. (…).Quello di cui l’ America ha bisogno, a fronte della potentissima spinta verso il conformismo, verso il desiderio di oggetti materiali, di cose che complicano la vita, verso il desiderio di essere uguali al proprio vicino di casa, di superare tutti i primati, e cosí via, é la capacitá, semplice e salutare, di dire di No. La capacitá di fermarsi un attimo e di capire che molte delle cose desiderate sono superflue per vivere felici. (…). Tutti noi incominciamo ad avvertire che qualcosa non funziona nel mondo…tutti abbiamo voglia di semplicitá. Tutti soffriamo, nelle nostre cittá, per la mancanza di cose semplici. Vorremmo vedere deserte le nostre monumentali stazioni ferroviarie, deserte le strade, e sentire scendere su di noi una grande pace. (…)Se non si presta attenzione ai simbolici avvertimenti dei sogni e del suo corpo, si dovrá pagare in altri modi: la nevrosi é semplicemente il corpo che assume il comando, indipendentemente da quello che vuole la coscienza. (…)Quando intere nazioni eludono questi avvertimenti, (…) il pericolo é grande. L’ ultima guerra, pensavo, ci ha insegnato qualcosa. Ma a quanto pare, non abbiamo imparato la lezione. Il nostro desiderio inconscio di luoghi deserti, di quiete, di inattivitá, potrebbe proiettarci, contro la nostra volontá cosciente, in un altra catastrofe, dalla quale forse non ci riprenderemo più.”Questa serenità allora non è solo mia, rifletto, ma è quel riposo che si manifesta in seguito ad un’esplosione conseguente ad una tensione. L’inconscio del mondo ha parlato. Ha fatto ciò che doveva fare. Attraverso i pipistrelli o attraverso le mani in un laboratorio: questo non fa nessuna differenza per la psiche profonda. La pandemia è scoppiata. L’inconscio parla con modalità inconscie, che sia attraverso la natura ( incendi, animali, etc) o attraverso l’essere umano agito dall’inconscio (incendio doloso, virus creato in laboratorio, etc). Forse vuole invitare le nostre coscienze a rivolgerci all’ interno. Ad ascoltare l’anima del mondo ferita. E’ questo che la quiete forzata ci stia portando? Ció che dice Jung lo sento come una verità profonda, che parla dello spirito del profondo, per usare la terminologia junghiana. Se resto in ascolto del profondo, aprendo la coscienza a qualcosa che trascende le necessità dell’Io, sento estranee le reazioni di rabbia ed angoscia provocate dalle limitazioni, ma percepisco invece che una tensione si è sciolta: finalmente ci sono limitazioni a fronte di un mondo attivissimo, estrovertito e troppo, unilateralmente materialistico. Rabbia, angoscia e paranoia, arrivano nelle telefonate degli amici e parenti e nella stanza della terapia. Tuttavia in questi due mesi, poco, mi sembra, si è trasformato nelle telefonate dei congiunti, ma lì, in terapia, dove si sceglie di dare ascolto al profondo, all’inconscio e a suoi simboli e sintomi, ecco che rabbia, paranoia ed angoscia si colorano di un senso che sta sullo sfondo del cammino che il paziente fa. Quarantena e Covid diventano personaggi piccolini, tra i tanti, che si incontrano in questo cammino. Il camminante visualizza in parte il percorso lungo le tappe e gli incontri che si illuminano della luce corrispondente al senso di cui sono portatori; anche i vissuti più dolorosi, caratterizzati da distruzione ed orrore, vengono illuminati da questa luce significativa. Rabbia ed angoscia portano l’energia del camminante che per troppa sofferenza ha indossato maschere ed armature pesantissime. Trattare esclusivamente in senso concretistico le emozioni da cui ci sentiamo abitati in modo prepotente durante la quarantena, ovvero trattandole solo come conseguenti alla reclusione,all’isolamento,alla paura della crisi economica, può significare chiudersi di nuovo nella bolla dell’Io, e negarci il dialogo con l’anima, con l’inconscio, con il profondo. La reclusione, l’isolamento svela, a volte drammaticamente, quelle emozioni che hanno, fuori dalla frenesia occidentale post moderna, l’occasione per essere ascoltate. Paranoia, già la parola suscita se stessa: stato mentale definito esclusivamente patologico e delirante dai manuali diagnostici psicologico-psichiatrici, è uno stato coriaceo, sorretto da una tale coerenza di pensiero, da non lasciare, quando si manifesta, neanche uno spiraglio per far filtrare la luce all’interno e illuminare l’Anima. Paranoia ora è visibile, tangibile. Emerge come disturbo collettivo oltre che individuale. Paranoia era presente prima della quarantena e la quarantena stessa è fatta di Paranoia: “vacciniamo contro tutte le malattie, controlliamo, sterilizziamo” Oppure Paranoia parla contro la paranoia stessa: “questo controllo paranoico mi vuole controllare, c’è un complotto”. Tutto talmente logico da creare una realtà coerente, ma anche coriacea. Ciò che è difficile lì, è far filtrare la luce del dialogo. Quello che la paranoia sostiene è condivisibile, comprensibile, talvolta non negabile. Da una parte e dell’altra, dentro e fuori, Tuttavia, forma un velo dietro cui si nasconde l’Anima del mondo e separa gli individui gli uni dagli altri. Accogliere la paura significa, osservarla, stabilire con essa un dialogo, riconoscerne l’anima, senza che essa si trasformi in difesa paranoica. L’anima parla, con o senza l’ascolto della coscienza. Nel 1931 Jung avvertiva, da studioso dell”inconscio e della sua dinamica, che il dialogo con l’Anima, è essenziale per una cultura ed una civiltà che siano in equilibrio con l’ambiente, con la natura ed i suoi ritmi.C’è un ciclo vitale dal quale non si sfugge, ci sono leggi biologiche che costituiscono i nostri limiti, c’è un inconscio che porta la saggezza e i dolori dell’umanità, dal quale non possiamo fuggire perchè ne facciamo parte. Piccole coscienze in un mare inconscio che ci sorregge e che ci guida. Esso agisce con o senza il nostro contributo. Distruzione o costruzione, questa è la cifra del libero arbitrio,che altri non è che dialogo con quest’Anima sommersa.
Pisa, 6/5/2020 Zaira Cestari
Bibliografia: Jung Parla, Interviste ed incontri, A cura di William McGuire e R.F. C. Hull, 1977, Milano, Adelphi edizioni
La psicoterapia del profondo: l’incontro con l’Altro, con il Diverso
Lavoro come psicoterapeuta ad indirizzo analitico junghiano, approccio che non è stato solo una scelta a scopi professionali, ma è stata una scelta di stile di vita. La visione che questa psicologia permette, è lo strumento principale di lavoro e di approccio alla vita e a ciò che accade. La sfida e forse lo scopo di questo modus vivendi è quello di interagire con il diverso, anche con quello mai immaginato fino ad ora come utile per la propria crescita.
La richiesta che spesso mi viene posta nel quotidiano è quella di consigli (che non è previsto dall’etica professionale) o di parole magiche che possano lenire sintomi e dolore, che celano psesso il timore, legittimo (e poi vedremo perchè) che io possa “psicanalizzare” nel corso del colloquio
La richiesta di cui sopra giunge per un sentimento umano che da valore alla crescita, al superamento di se stessi e all’aspirazione ad un ideale. In quest’ottica la richiesta appare allora legittima, in quanto la piscoterapia del profondo è la strada per giungere al centro di se stessi, ove molto può essere visto, anche se non contemporaneamente, ma da cui comunque è possibile accedere alle parti di sé prima vissute senza coscienza, come se fossimo da esse possedute. Conoscerle significa vedere, vivere e sentire le risorse per gestire gli eventi della vita esteriore e i turbamenti dell’anima.
Tuttavia dalla psicologia junghiana stessa, oltre che dalla vita, apprendiamo che ogni esperienza, vissuto, sentimento, pensiero ha il suo opposto, e che il problema del male non si può evitare in questa strada. Anche questa stessa strada ha un suo opposto e anche essa, sebbene voglia ergersi al di sopra del bene e del male, getta un’immancabile ombra.
Da queste riflessioni emerge, nel percorso terapeutico, la necessità di considerare che anche l’individuazione junghiana è un mito. E allora, si può percorre la strada sapendo che il cammino non è mai finito. .Nulla di ciò che accade non ha un seguito. E nulla non ha il suo diverso. Ecco forse la difficoltà sta nell’accettare questo. Come se dovesse sempre esserci qualcosa di meglio, e scoprire che non è cosi, porta il conflitto inconscio ad una tragedia conscia.
Quando si scopre di non poter far altro che fare piccoli passi, diventa possibile percorrere la strada con impegno e serietà, mantenendo una visione ironica, e un energia giocosa.
La consapevolezza è importante, ma la differenza di consapevolezza tra gli esseri umani e tra un proprio prima e un proprio dopo è minuscola. Importantissima ma minuscola.
Tra la ricerca di una formula magica e il pregiudizio che la psicologia non serva a nulla, esiste qualcosa che rende entrambi gli enunciati veri ma limitati: il cambiamento è possibile, ma sarà visibile solo all’interno di aspettative umane. Nessun miracolo è prevedibile. Non impossibile ma questo come diceva Jung, dipende dal Deo concedente.
La psicoterapia non può seguire le leggi del metodo scientifico galileiano di prevedibilità e replicabilità, poichè i fattori in gioco sono troppo complessi per essere estrapolati dal tutto che costituisce la relazione terapeutica. Eppure ci sono certi cambiamenti prevedibili che rendono poi a loro volta più probabili successivi passi, come ad esempio l’iniziare a prestare attenzione ai propri sogni, aumenta l’accessibilità del sognatore ai propri sogni notturni e al proprio inconscio e “sentirsi vivi non è solo un fatto fisico, è un fatto psichico. Siamo vivi quando ci sentiamo vivi. Ciò che ci fa sentire vivi è il contatto con la psiche inconscia, per questa ragione i sogni sono così importanti” (M.L.Von Franz, Il mondo dei sogni).
Comprendere prima e accettare poi sia la libertà ma anche la limitatezza del proprio cammino, ci pone in una dimensione in cui la coscienza è umanizzata. E l’essere umano è quello che può compiere sia il bene che il male. Il male esiste e non è solo assenza di bene. E una dimensione esistente al pari del bene. E non è la sola volontà che decide quale strada intraprendere, ed essere schiavi di un giudizio che condanna il male non cancella il male.
Vediamo questo punto con le parole di Jung:
“ (…)noi non abbiamo immaginazione del male, ma il male ci ha in suo potere. Alcuni si rifiutano di saperlo e altri invece si identificano con lui. Questa è la situazione psicologica del mondo odierno: gli uni si chiamano cristiani e immaginano di calpestare il cosiddetto male soltanto volendolo; gli altri ne sono divenuti preda e non vedono più il bene. Il male oggi è divenuto una visibile grande potenza: metà dell’umanità si sostiene sulla base di una dottrina costruita dal raziocinio umano; l’altra metà deperisce per la mancanza di un mito commisurato alla situazione”
C.G.Jung, Ricordi Sogni e Riflessioni
Sulla stessa linea di quanto affermato precedentemente in questo articolo, la psicoterapia del profondo non mira ad un idealità, come a prima vista, il linguaggio simbolico porterebbe a pensare, e quindi non mira alla guarigione, alla perfezione, al bene assoluto, ma la direzione, ribadisco è quella verso il centro, verso la totalità complessa della psiche, da dove è possibile osservare meglio ciò che è nostro. La meta, che mai è raggiunta, per la natura dinamica della psiche, è quella di una coscienza il più ampia possibile e di una coscienza che rimane aperta proprio perchè vede che c’è qualcosa anche oltre a ciò che può vedere.
“O uomo, se sai quello che fai sei benedetto; ma se non lo sai sei maledetto e sei un trasgressore della legge” Vangelo aprocrifo (Codex Bazae ad Lucam)
“Faccio proprio quel male che non vorrei” S. Paolo
In questo fiume del percorso di vita e del percorso analitico, un primo importante obiettivo dell’analisi psicologica può essere quello di iniziare a camminare sapendo che c’è sopratutto all’inizio, una forte e violenta forza di gravità che invita suadente alla regressione e quello, allo stesso tempo, di accettare che c’è tanto da fare, talmente tanto che i piccoli passi sono importantissimi. Ma sono importanti proprio perchè sono piccoli. Vedere il piccolo passo come importantissimo e tuttavia vedere che è solo un piccolissimo passo, ma bellissimo, comporta allo stesso tempo una liberazione da pesi assai opprimenti e un ridimensionamento dell’ego. Poiche, come dice Jung:
“Questo nucleo è costituito all’inconscio e dai suoi contenuti, sul quale non possiamo pronunciare alcun giudizio definitivo. Ne abbiamo necessariamente idee inadeguate, poiché siamo nell’impossibilità di comprenderne l’essenza con un atto conoscitivo, e di stabilirne i limiti razionali”
e ancora:
“La scienza si serve del termine “inconscio” e con questo ammette di non saperne niente, poiché non può conoscere nulla della sostanza dell’anima, in quanto l’anima è appunto l’unico suo mezzo di conoscenza”
(C,G.Jung, Ricordi, Sogni e Riflessioni)
E non c’è infatti una direzione giusta. L’esigenza di qualcosa di assolutamente giusto, emerge in una dimensione di ricerca di sicurezza. La sicurezza è un bisogno primario, biologico, ma su un piano psichico rappresenta la regressione. Mentre il cammino nell’oscurità, il rischio rappresenta un’evoluzione psicologica, e come dice E. Harding “Evidentemente è una legge di vita che ogni essere vivente non debba ristagnarsi ma evolversi.”
La psicoterapia del profondo si svolge nella tensione tra conquista biologica (che ci da scicurezza) e conquista psicologica (che viene dal rischiare). In quest’ottica, non ci sarà mai la strada perfetta, come nemmeno una donna, un uomo, un figlio, un genitore, un amico, e cosi via, perfetto. Ci sarà un strada che ci calza e che si imparerà ad amare dopo gioie e sofferenze, dopo dubbi e piaceri. Così come succede nelle relazioni.
Se qualcosa piace già è un buon segno. La ricerca di perfezione non è amore. Quando nasce amore e accettazione per la propria umanità, ci sarà la possibilità di amare anche l’Altro, lo Sconosciuto, il Diverso.
“La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura dell’universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima.” (C.G.Jung)
Accogliere il dolore e la sofferenza di se e degli altri è qualcosa che emerge in sincronia con la possibilità di rinuncia alla perfezione e quando la paura della contaminazione cessa. La psicoterapia del profondo conduce laddove è possibile lasciare emergere il caos a fianco della volontà che con calma e amore mette un po di ordine in quello stesso caos, senza urgenza o frenesia.
Zaira Cestari.
Tecniche di rilassamento
Primitivo, Tecnologico, Cittadino. Orvieto, 2016 Techne fuori, imago dentro. Corpo primitivo e corpo tecnologico. Zaira Cestari Abstract La psiche è ovunque. Dentro e fuori. Tutto ciò che immaginiamo, e quindi creiamo è psiche. Psiche non è solo dentro. Noi siamo nella psiche. Ma psiche non è la nostra coscienza. Non …
Dalla psicopatologia alla rinascita; dal controllo alla cura.
Le foglie di Pan: dalla psicopatologia alla rinascita, dal controllo alla cura L’interiorità verdeggia, nascono venature e foglie. Il mondo di Pan si popola di archetipi verdeggianti quali elfi e folletti. Ricordo una storiella zen, che narra di un allievo il cui compito è metter ordine nel giardino. Questo …
TUTTA UN’ALTRA STORIA. ATTI DEL CONVEGNO
http://tuttaunaltrastoria.info/atti?fbclid=IwAR0UJMd3ryDZDVM6c11Knq8HdICw3l0P-7Ec-K_RYpiJWzWTCazcd70-5A0 Scienze sociali e gestione pandemica: un invito al dibattito Traduzioni: Français – English – Castellano A SEGUITO DELL’INVITO AL DIBATTITO RIPORTATO QUI SOTTO, ED ALLA RACCOLTA DI ADESIONI CHE NE E’ SEGUITA, AD APRILE 2022 ABBIAMO ORGANIZZATO UN CONVEGNO A NAPOLI: TUTTI GLI INTERVENTI SI TROVANO QUI Siamo un gruppo di scienziate/i sociali, appartenenti a diverse …
LO SPIRITO DEGLI ABISSI
EVENTO RECENSITO: LA NAZIONE: https://www.lanazione.it/pisa/cronaca/masoni-cestari-raccontano-il-viaggio-di-battiato-e-jung-1.7795103?fbclid=IwAR3tLiWT0qdtl12F2z2k8HxMQRLWpjMEOzM3HMFhIqkULK2KiiilkzuhLX0 IL TIRRENO: Carl Gustav Jung (1875-1961) e Franco Battiato (1945-2021): mondi lontanissimi, pianeti in collisione o anime che si armonizzano? Marco Masoni (divulgatore e critico musicale) e Zaira Cestari (psicologa e psicoterapeuta di formazione Junghiana) guideranno e coinvolgeranno il pubblico in un viaggio emozionante e coinvolgente …
Sacrificio e rigenerazione. Anoressia e digiuno a confronto
Nous, La grande Abbuffata, 3/2018; Aracne Editrice, Scienza e coscienza a tavola http://www.aracneeditrice.it/index.php/autori.html?auth-id=963736
I morsi dell’Anima
CENTRO STUDI PSICOSOMATICA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICOTERAPIA GESTALT ANALITICA XIII Corso Roma CASO CLINICO DI FINE IV ANNO (2011/2012): Allieva : Zaira Cestari Relatore: Stefano Carta Correlatrice: Giovanna Larghi INDICE Cap. 1: Il primo contatto e il primo colloquio con Livia Pag.3 (Cap.2: La storia di Livia ) Pag.7 …
Esperienze di parti
“Come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire” Radici Infinite sottili delicate donate miracolosamente la vita instancabili succhiate la vita della terra, spingendovi innanzi ora per ora. Siete creature dell’oscurità solo il vostro protetto scorge la luce, innalzandosi al cielo orgoglioso. Forte e pregiato è il suo legno immensa è la …